Mamme sull’orlo di una crisi di nervi.
Stremate, stressate, sfruttate. Superimpegnate in competizione con se stesse e
con le altre. Madri, nonne e amiche. Alla continua ricerca di una perfezione
che sta diventano un’ossessione. Col risultato di trasformare la maternità in
una sorta di estenuante cronoprogramma. Pappine bio, bagnetto a 37 gradi,
canzoncine in inglese, nuoto, corpo libero, danza, laboratorio di argilla, orto
didattico, lezioni di musica. Con l’asticella che si alza sempre di più. Grazie
ad una sorta di formazione permanente che passa per siti, blog, forum, app,
tutorial e manuali. Risultato, donne risentite, rabbiose, frustrate.
Sostanzialmente incazzate. “Hanno tenuto in grembo il figlio per nove mesi ma
non riescono a sopportarlo per più di dieci minuti”. È il titola di un dossier
che Le Monde ha dedicato al fenomeno
della turbomamme. Una vera mutazione
antropologica, che manda in crisi le famiglie e fa scoppiare le coppie. Perché,
se la maternità responsabile è cosa buona e giusta, questa maternità
iperresponsabile è un’ipertrofia dell’accudimento. Dove gli imperativi
contemporanei – efficienza, produttività, competitività, velocità – debordano
dai confini dell’economia e diventano mentalità, visione della vita. È la
versione multilasking della tradizionale tendenza oblativa delle donne,
abituate a dare senza ricevere, a sacrificarsi sempre, a non esonerarsi mai.
Così la cura dei figli passa da un modello formativo a un modello performativo.
Dove la mamma diventa una sviluppatrice di risorse umane. E il figlio il suo
prodotto. Più o meno di successo.
Marino Niola – Miti d’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica - 19
maggio 2017
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