Chi decide chi sono gli ultimi, ovvero quelle persone le
cui sorti dobbiamo avere a cuore più di altre? Come individuiamo il momento
esatto in cui una forza politica smette di parlare a nome degli ultimi e inizia
a leggere la storia, a interpretare il presente, fornendo un racconto ormai
lontano dai fatti? Ci sarebbe anche una terza domanda: l’individuazione degli
ultimi, dei veri ultimi, non ha forse un po' troppo a che fare con la divisione
che sembra netta, ma in realtà è aleatoria, fra un “noi” sempre meno inclusivo
e un “loro” sempre più indistinto? Andiamo in ordine. Macron ha vinto le
presidenziali in Francia, ma per alcuni il pericolo Le Pen è solo spostato in
avanti di cinque anni. La teoria è questa: si è chiusa la porta al fascismo
oggi per spalancare un portone domani. Sarebbe stato forse meglio aprire la
porta oggi? Non riesco ad accettare, soprattutto sul piano filosofico, il
rifiuto della logica del compromesso. E non riesco ad accettarlo perché
rifiutare il compromesso significa rifiutare la politica, ma soprattutto
significa qualcosa di addirittura peggiore: significa tirarsene fuori in nome
di una superiorità affermata a parole, ma non provata dai fatti. Significa
dire: non sono d’accordo, non mi piace Le Pen, ma Macron non è la soluzione,
anzi, è una catastrofe posticipata che non ho scelto e di cui non sarò
responsabile. Che tradotto in prassi politica significa: non tocca a me
controllare. È questo passo indietro, questo stare alla finestra quando davvero
conta essere dentro, a creare un cortocircuito nella capacità di capire quali
sono le priorità. Per non essere troppo vago: gli ultimi nel mirino di Le Pen
sono forse meno ultimi degli ultimi che, secondo alcuni, penalizzerà Macron con
il suo “spietato neoliberismo”? Quindi la campagna di odio razziale che il
Front National fa insieme ad altre forze politiche più o meno omologhe in
Europa, è tutto sommato accettabile rispetto al timore di una società a doppia
velocità? E veniamo alla seconda domanda: come facciamo a capire se una forza
politica sta davvero parlando in nome degli ultimi o ha smesso di farlo per
costruire un elettorato dai contorni sempre più definiti? Intanto pochi
elementi base: diffidiamo da spiegazioni che si presentano come “tutta la
verità su”. Non esiste “tutta la verità”
ma esistono molte verità e tutte servono alla creazione di un’idea che, per
quanto personale, dovrà trovare riscontro nella verifica dei fatti. Diffidiamo
di chi ci dice che non c’è bisogno di ragionare, perché la soluzione è lì
davanti a voi, a portata di mano e qualcun altro l’ha confezionata a nostro
uso. (..). Dunque nessuna verità su, ma tante linee che sembrano parallele
eppure convergono in più punti e che insieme fanno un racconto senza divisioni
nette tra “noi” e “loro”. Un racconto in cui ogni singola parola non ha mai un
significato univoco. A questo proposito mi sono imbattuto in una lettura per me
illuminante. “Fuggire” è il titolo dell’ultimo lavoro di Guy Delisle che
illustra i 111 giorni di prigionia di Christophe André rapito nel 1997 in
Caucaso, quando lavorava per Medici Senza Frontiere. Mentre leggevo, pensavo
che le sorti di Christophe erano forse sovrapponibili a quelle di chi
attraversa mezza Africa per fuggire a guerre, a crisi economiche, a fame, a
persecuzioni e poi si trova detenuto i Libia, a un passo da quel mare che
separa dalla terra promessa. A quelle di chi in mare su imbarcazioni di fortuna
rischia la vita e viene poi fermato e (capita anche questo) torturato dalla
guardia costiera libica. Catturato e portato in prigione. Colpevole di aver
desiderato vivere. Fuggire: ho pensato a quanti significati può avere questa
parola e ho pensato che dobbiamo stare attenti a non lasciare che storia la
scriva chi racconta “tutta la verità su”, chi assicura di parlare per conto
degli ultimi, ma ha lo sguardo spietato di chi già pregusta il potere.
Roberto Saviano – L’Antitaliano – L’Espresso – 14 Maggio 2017
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