C’Era Una Volta il paradiso dei consumatori. Scoprii
l’Eden americano a vent’anni, nel mio primo viaggio coast-to-coast. Era il
1979. Alle spalle mi lasciavo l’Italia dei monopoli: dagli aerei ai telefoni,
dai treni alle sigarette. La tv era passata da uno a tre canali di Stato,
faticosamente, e poche estati prima c’era stato un curioso dibattito politico
per stabilire se gli italiani dovessero accedere alla novità tecnologica dello
schermo a colori. Qualcuno pensava che fosse un lusso assurdo, uno spreco
immorale, un incentivo al materialismo. Vivevamo in un piccolo mondo antico. A
scelta zero, o quasi, Lo Stato italiano controllava quante lire portavamo all’estero
per un viaggio. Spingendomi da New York a Los Angeles trovai il bello della
concorrenza, che fioriva alla fine degli anni ’70 con la deregulation Potevo
scegliere fra più compagnie aeree, si volava tanto, a prezzi inferiori rispetto
alla vecchia Europa, ingessata dalle sue burocrazie pubbliche. Affittavi
un’auto per pochi dollari, tanto era sfrenata la competizione fra i rental car. Era l’America dove i grandi
magazzini e le vendite per corrispondenza ti rimborsavano all’istante, senza discutere,
se non eri soddisfatto del prodotto. Il cliente era re, avevano inventato il customer service, se ti lamentavi per un
difetto della merce o un disservizio si facevano in quattro per riconquistarti.
Non potevamo saperlo, ma quel modello stava sprigionando gi ultimi bagliori. Il
paradiso dei consumatori era in realtà il risultato delle grandi battaglie
“consumeristiche” degli anni ’60, i processi storici al Big Business lanciati
dall’avvocato Ralph Nader per tutelare la sicurezza e la salute, l’invenzione
della class action. Ma già sotto
Ronald Reagan iniziò la contro-rivoluzione, con l’invasione dei lobbisti nel
governo. Avanzava la deregulation in certi settori come le Telecom, però al tempo stesso si cominciava a depotenziare
l’antitrust, i lobbisti delle grandi imprese chiedevano la libertà di formare
colossi sempre più grandi, esplodeva una nuova febbre di fusioni-acquisizioni.
Il miserabile bilancio, quarant’anni dopo: la scena che avrete già visto sui
social media, il passeggero della United Airlines trascinato con violenza dal
suo sedile, picchiato e ferito, perché non si rassegnava a lasciare il suo
posto a un dipendente della stessa United, Il tragico pestaggio del dottor Dao
(69 anni) è un caso estremo ma non troppo. È la risultante di una generazione
dell’America in vari settori. Cominciò da quello che conosco meglio, dovendo
passare un bel pezzo della mia vita tra lunghi voli e attese negli aeroporti.
Il trasporto aereo è diventato un mondo dove gli americani non hanno più
diritti, le compagnie hanno tutti i poteri, fino agli abusi più flagranti. In
caso di gravi ritardi, cancellazioni, overbooking, il passeggero europeo oggi è
più tutelato. Le leggi Usa sono regredite in modo pauroso, la riscossa del Big
Business ha indebolito l’antitrust, a furia di concentrazioni siamo nelle mani
di un oligopolio, tre compagnie (United, Delta, American) si spartiscono gran
parte del mercato, monopolizzano le rotte più importati e gli slot aerei. I chief executive sono i
nuovi oligarchi, strapagati, la loro unica fedeltà è verso Wall Street. Non
hanno nessun incentivo a trattar bene i clienti, che non possono rivalersi.
Hanno smesso di investire nella qualità del servizio, si viaggia su carri
bestiame. Le tariffe salgono anche se il petrolio scende. Osi protestare, come
il povero Dan? Guai a e: con la scusa dell’anti-terrorismo, piloti ed equipaggi
hanno potei didattoriali; la polizia americana usa la violenza con impunità. I
due denti-rotti e il setto nasale fratturato al dottor Dao sono il simbolo fi
quello che resta del paradiso dei consumatori che mi faceva sognare a
vent’anni.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 6
Maggio 2017
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