Una volta sollevati dall’incubo di vedere
una fascista alla guida della Francia, si può ragionare sull’incredibile
fenomeno di Emmanuel Macron. Un giovane Banchiere del tutto sconosciuto fino a
pochi anni fa, che fonda dal nulla un movimento, vi appunta le proprie iniziali
come si fa con le camicie su misura, e in sei mesi conquista un plebiscito,
salendo all’Eliseo, fra le miserie del sistema politico. È la conferma che il
discorso pubblico non corre più sull’asse destra-sinistra, e si sapeva, ma
nemmeno establishment-outsiders o politica-antipolitica. L’altro outsider di
successo, ieri il miliardario Donald Trump, oggi il finanziere Emmanuel Macron
e l’altro ieri Berlusconi: personaggi diversi, ma con il tratto comune di non
rappresentare alcuna minaccia per il sistema e anzi di garantire eccellenti
affari in Borsa, Quanto all’antipolitica, ha trionfato su tutta la linea.
Partiti e politici di professione sono detestati dalla maggioranza dei
cittadini. Sono considerati corrotti e incapaci, interessati soltanto a
difendere la poltrona, estranei alle tre qualità cardinali del vero politico,
secondo Max Weber: passione, senso di responsabilità e lungimiranza. Giusto o
sbagliato, è il sentimento più diffuso, perfino fra i politici. Alla fine il
non politico Macron si è avvantaggiato della retorica antipolitica di Marine Le
Pen, che guida un partito ereditato dal padre, di passaggio verso la nipote,
ora renitente alla leva. Potrebbe rifletterci sopra Matteo Salvini, che invita
i politici a “trovarsi un lavoro vero”, lui che, uscito dal liceo, era già
consigliere comunale. L’Italia è stata del resto il laboratorio
dell’antipolitica. Nell’ultimo quarto di secolo i politici puri non sono mai
stati eletti alla guida del Paese, ma soltanto nominati dal Quirinale e
sconfitti al primo voto. Soltanto una delle prime sei grandi città, Palermo, ha
eletto sindaco un politico, Leoluca Orlando, ma di un’altra epoca (e di
un’altra cultura). La politica torna elle origini, non professione, ma
occasione, servizio temporaneo. L’ultima lezione francese, la più banale, è che
gli elettori sono meno stupidi di come se li figurano i leader. Protestano a
ragione contro un’Unione Europea e una moneta sbagliate, ma non credono alle
soluzioni semplici, del tipo oggi usciamo e domani saremo liberi e ricchi.
Neppure hanno creduto all’equazione estrema, ed estremamente stupida, fra un
finanziere e la fascista. Gli intellettuali che l’hanno sostenuta dovrebbero
farsi un giro delle galere turche e ungheresi, zeppe di oppositori del regime,
per capire anche loro quello che l’uomo della strada ha per fortuna ben chiaro.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica -
19 maggio 2017 -
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