“Chissà come procedono le partitelle
oggi al centro immigrati di Mineo”, scrive Salvini sui suoi social a commento
di una delle tante foto del nuovo safari fotografico. Nella foto ci sono
ragazzi africani che guardano una partita di calcio dalla panchina, quasi tutti
con magliette di squadre italiane addosso. Lo aveva già fatto a Lampedusa,
fotografando alcuni immigrati “rei” di spendere le prime ore di pace da chissà
quanto giocando a pallone. Non farà altro per tutta la giornata anche a Mineo,
Catania. Fare video e foto, farsi fotografare e riprendere in video, fino al
servizio posato di lui che dorme in branda indossando la maglietta celebrativa
dell’asse con Le Pen. I modi del tutto sono imbarazzanti e vigliacchi. Le
persone fotografate sono ignare dell’uso propagandistico che sta per essere
fatto della loro immagine, delle didascalie e del dileggio continuo, senza
alcuna forma di rispetto per persone comunque felici, a prescindere dalla
percentuale di razzismo insita nel documentarista di turno, di poter essere
ancora fotografabili in quanto vive. Gente che ha superato guerre, lutti, fame,
violenze, stupri, torture, prigionia e odissee da incubo per arrivare a fare
quella partita di calcio, difficilmente troverà la voglia di ribellarsi a
quelle stupide foto. Ma noi che siamo di qua, nel mondo che si reclamizza come
migliore e civilizzato e già solo in quanto tale dovrebbe essere fiero e
orgoglioso di essere quello scelto da chi scappa per un destino migliore,
sembriamo condannati inesorabilmente alla catalessi morale. Difficile spiegare
altrimenti la baraonda alzata da almeno tre forze politiche diverse per genesi
e storia come Forza Italia, Lega e Movimento 5 Stelle, sulla presunta
collusione delle Ong con i trafficanti libici. Resta incredibile come sia
bastato un pasoliniano “io so, ma non ho le prove”, pronunciato da un
procuratore di Catania, per autorizzare alcuni dei parlamentari più in vista
del Paese a gettare indiscriminatamente fango e dubbi su chi, in mancanza di
politiche efficaci, ha come unica, basica e comprovata missione sociale quella
di aver salvato e continuare a salvare migliaia di persone da morte certa. Da
Gasparri che definisce “scafismo” l’attività della Guardia costiera a Di Maio
che equipara le Ong a “taxi del Mediterraneo” (solo per citare le punte di
diamante dello schieramento), non c’è più argine alla decenza, alla prudenza,
al protagonismo. Per invertire la rotta, mi piacerebbe tanto se davanti alla
prossima partita di pallone tra immigrati, Salvini chiedesse di poter giocare
anche lui. Verrebbe inevitabilmente accolto, integrato in rosa, misurato per le
capacità di mettersi al servizio della squadra, per il rispetto delle regole e
per l’eventuale talento. Capirebbe tante più cose così di quante possa
spiegargliene una foto rubata.
Diego Bianchi – Il Sogno di Zoro – Il Venerdì di La
Repubblica – 12 maggio 2017 -
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