Un Viaggio In
Portogallo, ricco di
sorprese, mi riaccende la curiosità per la geografia: nelle carte e nei
mappamondi è scritto il nostro destino. Se anche voi amate Lisbona forse la
vostra passione cominciò dalla letteratura: Antonio Tabucchi, Fernando Pessoa,
José Saramago. Oppure per voi il colpo di fulmine ebbe inizio dal cinema, Lisbon Story di Wim Wender (1994) o i
capolavori di Manoel de Oliveira, che continuò a dirigere quasi fino alla morte
a 106 anni (compreso l’utimo film interpretato da Mastroianni, Viaggio all’inizio del mondo). Io avevo
frequentato la capitale quando abitavo a Parigi. Mancavo da 18 anni. Una parte
del suo fascino era legato all’atmosfera malinconica, come quella che emana dal
fado, musica nata dai canti delle mogli nelle lunghe assenze dei naviganti. L’ho
ritrovata gioiosa, ben restaurata, pulita, piena di ottimismo. L’occasione era
un incontro coi lettori: i miei libri sono tradotti in portoghese, e la mia asa
editrice locale, con l’Istituto italiano di cultura e l’università economica
Iseg, mi ha invitato a tenere delle conferenze. Il Portogallo fu uno dei paesi
più duramente colpiti dalla crisi economica: dovette chiedere aiuto alla
cosiddetta troika (Commissione europea, Bce, Fondo monetario) e quella impose
la solita cura demenziale a base di feroci tagli su salari e pensioni. Due anni
fa la sinistra vinse le elezioni e cominciò la terapia inversa, sfidando
Berlino e Bruxelles. Forse oggi il Portogallo è l’unico paese dove la sinistra
non è in crisi. In confronto alla disintegrazione o allo smarrimento dei vari
partiti democratici e socialisti, dall’America all’Inghilterra, dall’Italia
alla Francia, Lisbona è in controtendenza. La coalizione di socialisti
comunisti e radicali al governo ha aumentato le pensioni minime e i salari più
bassi. Ha ridotto le tasse sul ceto medio-basso e aumentato quelle sui ricchi.
L’economia è ripartita, l’euforia è percepibile. L’aiutano afflussi esterni.
Uno è il boom del turismo, anche per la paura di attentati che svuota le
destinazioni nordafricane e mediorientali. Poi c’è la trovata singolare che è
l’esenzione decennale dall’Irpef, offerta ai pensionati europei che
trasferiscono in Portogallo la residenza. Esenzione legale, consentita
dall’Europa. La comunità italiana si sta allargando a vista d’occhio. Altre
cose mi hanno impressionato, accendendo una nuova passione per le carte
geografiche. Il piccolo Portogallo (dieci milioni di abitanti) ha una cultura
straordinariamente cosmopolita, una “testa globale”, una classe dirigente di
livello internazionale. Sono alcune delle eredità del suo impero, che cominciò
a crescere mezzo millennio fa, quando naviganti portoghesi come Vasco da Gama e
Bartolomeo Dias gareggiavano con i nostri nell’era delle grandi scoperte.
Affacciato sull’Atlantico, il Portogallo era già pronto a sfruttare la grande
svolta storica, lo spostamento del baricentro dal Mediterraneo ai vasti oceani.
Come gli antichi fenici, i portoghesi furono grandi esploratori, mercanti,
guerrieri. E missionari. L’impronta di quel minuscolo paese si estese a Goa in
India e Macao in Cina. Conquistò territori giganteschi, dal Brasile all’Angola
al Mozambico. Nonostante le turpitudini del colonialismo, i legami economici e
culturali rimangono forti. I portoghesi sono tutt’altro che provinciali,
essendo parte di un’area linguistica che ingloba il Brasile e pezzi d’Africa, e
si sente a casa in Estremo Oriente. A New York un portoghese, Antonio Guterres,
è commissario per i profughi. Nelle mappe c’è una vocazione dai vicoli stretti
e ripidi di Lisbona, i portoghesi da molte generazioni hanno imparato a
spingere lo sguardo lontano.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 29
Aprile 2017 -
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