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venerdì 26 maggio 2017

Lo Sapevate Che: Segnali radio dallo spazio ma sarà vietato ascoltare...



Ci attendiamo che i radiotelescopi della Nasa vengano spenti. E con loro la nostra assurda e invasiva ricerca di voci provenienti dallo spazio. Come è possibile intercettare gli alieni? Non hanno forse i nostri stessi diritti? Il diritto alla privacy, ad attendere una eventuale sentenza di Cassazione che stabilisca se l’invasione di ultracorpi violi o meno qualche norma dello Stato? Ovvero se l’astronave possa sorvolare quei cieli, posteggiare in quel campo nel cuore degli Usa lasciando quegli strampalati cerchi nel grano? Prima del giudizio definitivo, sono informazioni illegittime. Informazioni che attengono alla sfera provata. Ed è giusto così. Perché viviamo in un Paese dove, pur a distanza di qualche anno dalla bufera sulle intercettazioni che hanno svelato molti dettagli della vita di Silvio Berlusconi capo di governo, siamo di nuovo al punto di domandarci se il “primato della politica” sulla magistratura si conquisti non con la trasparenza assoluta da parte almeno di capi di Stato, di governo e di partito. Ma con leggi (e indagini) che limitino l’utilizzo di informazioni di interesse generale che riguardano non un cittadino qualunque, bensì chi detiene in un dato momento il potere. E, in virtù di questo si espone per propria scelta a essere giudicato per ciò che dice, per ciò che nasconde, per ciò che omette. Matteo Renzi ha ragione quando dice che si è indagato sulla sua famiglia da quando lui è diventato premier. Non è proprio così, a dirla tutta, c’è già qualcosina prima. Ma ha ragione nella sostanza. Il problema è che questo assioma ha un fondamento. Ciò che avviene attorno al premier (oggi ex premier), così al segretario del partito italiano di maggioranza relativa ha un interesse pubblico non paragonabile a ciò che avviene attorno al Renzi Matteo cittadino qualunque. E se un giornale viene a conoscenza di conversazioni che, nel pieno di una indagine che riguarda appalti pubblici miliardari, gestiti da una società pubblica dove ai vertici siede un uomo scelto proprio dal governo Renzi, che riguardano il rapporto di trasparenza fra padre (indagato) e figlio (estraneo all’indagine, un giornale – anche a costo di rispondere di fronte alla giustizia – ha il dovere, non solo il diritto, di pubblicare ciò che sa. Nel caso specifico, poi, il campionato di intercettazione in corso in Italia ha reso il tutto inutile. Nel senso che il Paese come al solito si è diviso in due grandi tifoserie. Quelli che stanno con Reni sempre e comunque, dando quindi interpretazione autentica alle parole dell’ex premier secondo la linea indicata da lui stesso su Facebook (linea che regge, fra l’altro), assolvendo padre, figlio e se possibile pure lo spirito santo. E quelli che, nelle pieghe della telefonata, scorgono invece chissà quali allusioni. E ancora; quelli che dicono “sapeva di essere intercettato” quindi recitava. E quelli che ribattono ha alzato la voce con babbo, è un uomo di Stato”. Ne deriva la sostanziale inutilità a posteriori di tale telefonata sull’unico piano che può interessare i giornali, che non è quello giudiziario di cui si occupano i magistrati. Ma quello politico-narrativo, raccontare chi ci governa, cosa pensa e come agisce al di fuori delle dichiarazioni ufficiali. E sostituire così al fanatismo pro o anti Renzi, informazioni, scoperte, come si fa dai tempi di Galileo (su Wikipedia c’è una biografia per chi non lo conoscesse). Attraverso la pubblicazione di notizie di pubblico interesse di pone, in fondo, una banale domanda: nel caso Consip, l’ex premier era o no al corrente che qualcosa non andava? Cosa ha fatto per impedirlo? Questa domanda è legittima, anzi doverosa, anche se nessun reato è stato compiuto. È la domanda chiave per separare il fronte giudiziario da quello politico. Solo rispondendo fuori dalle aule di giustizia si potrà rialzare un muro fra i due poteri. Se, al contrario, passa l’idea che a un politico basta rispettare la legge, dovere di tutti, allora sì che la magistratura avrà un peso sempre più grande. Perché sulla trasparenza di chi risponde a qualsiasi domanda, si esprime il popolo con il voto. Sulle ipotesi di reato l’unico magistero ad avere potere (e dovere) sta in tribunale. Mentre il dovere di raccontare sta dentro i giornali. Almeno nei Paesi normali.
Tommaso Cerno – Editoriale – L’Espresso – 21 maggio 2017

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