Scorpioni Che Piovono dalla cappelliera. Passeggeri trascinati nel corridoio come
quarti di bue. Ragazze cacciate dall’aereo perché indossano leggings troppo
attillati. Sedili che si restringono mentre i sederi si allargano. Sovrapprezzi
per portare a bordo qualsiasi bagaglio più voluminoso di un portacipria.
Passeggere esplorate ai controlli di sicurezza negli anfratti più intimi del
corpo, anche sotto la biancheria. E costruttori che propongono alle compagnie
aeree classi economiche con undici posti in fila, praticamente una intera
squadra di calcio disposta secondo la formazione 3+5+3. Proprio quando speravo
di avere (quasi) superato la paura di volare, la paura delle compagnie aeree e
degli aeroporti torna a rendere sgradevole, se non intollerabile, il viaggio
aereo. Se non avete in tasca abbastanza spiccioli per la Prima Classe con
doccia, separé, assistente personale, menu gourmet e lenzuola griffate da
15mila euro di alcune compagnie arabe, o almeno per la tollerabile Business,
siete in balia di società commerciali che hanno come solo scopo quello di
spremere – a volte letteralmente – quanti essere umani possano nel minor spazio
possibile. Il sedile (la poltrona, come viene eufemisticamente descritta) si è
ristretto di cinque centimetri dagli Anni ’70, mentre i sederi si allargavano.
La distanza fra seggiolini si è accorciata di 12 centimetri, e se la riduzione
sembra la rivincita dei bassotti, c’è sempre il viaggiatore altissimo alle
nostre spalle, che trascorrerà le 10 ore del volo Roma-New York puntando le
ginocchia contro lo schienale. Se rivolete indietro quei 12 centimetri, dovete
pagare extra. Non c’è nulla che l’equipaggio possa fare (consiglio: trattateli
sempre con gentilezza sono più stanchi di voi) per opporsi all’ingordigia o
alla disperazione delle compagnie. All’ultimo salone dell’aviazione
commerciale, è stato presentato un robot che viaggia avanti e indietro nel
corridoio per servire bevande calde e snack, mentre un’altra innovazione
propone di trasformare i finestrini in schermi per messaggi pubblicitari. Dagli
Anni ’70, quando la presidenza di jimmy Carter liberalizzò l’industria del
volo, la condizione del viaggiatore si è lentamente deteriorata. Nel 2016
50mila persone con biglietto sono state lasciate a terra negli Usa per
“overbooking”, la pratica di accettare più prenotazioni di quanti posti siano
disponibili, perfettamente legittima e perfettamente ignobile. Le società
migliori fanno offerte generosissime agli espulsi per eccesso di passeggeri,
fino a 1.500 dollari in buoni acquisto, utilizzabili in grandi magazzini oppure
in nuovi biglietti. Altre propongono voucher per altri voli, con mille
limitazioni scritte in caratteri microscopici, sul genere “valido soltanto la
notte di Natale”. La prepotente viltà di queste tecniche è figlia della nostra
completa impotenza. Non ci sono alternative al volo su distanze lunghe e medie.
Non si può prendere un taxi, noleggiare un’auto, andare in bici o in treno
(magari!) fra New York e Milano, e il ricatto della sicurezza – preferisce
rischiare una bomba a 10mila metri o essere frugata sotto i vestiti, signora? –
zittisce l’indignazione. Le cifre danno ragione alle compagnie. Il numero di
esseri umani che volano cresce ogni anno: più di 8 milioni di persone nel mondo
sono in volo, in questo momento, per necessità, per svago, per l’attrazione
delle basse tariffe, il “low cost”. Dunque, sopporteremo gli scorpioni (il
passeggero punto si è ripreso all’ospedale), le nostre ginocchia in bocca e le
ginocchia altrui nella schiena, l’orrido cibo, il sedile nel mezzo, la cacciata
d’autorità, pur di fare quel week end a Londra (fino a quando ci lasceranno
entrare) o il Capodanno a New York a basso costo. Mi dispiace soltanto di dover
rinunciare ai miei leggings.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna
di La Repubblica – 29 Aprile 2017-
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