Governano avvolti da un mantello luccicante che hanno
voluto chiamare “antimafia”. E con questo drappo vanno in giro, esibendolo come
un costume di scena. Gli stranieri restano folgorati dalla luce del mantello,
mentre i siciliani, quelli onesti, quelli che conoscono il territorio e sanno
separare il bianco dal nero, hanno iniziato a non crederci più e a chiamarla
“antimafia di facciata”. E forse hanno ragione. Perché sanno bene chi si oppone
al metodo mafioso e chi invece finge. Oggi molti politici siciliani, che spesso
sono al governo, si riempiono la bocca delle parole legalità e antimafia.
Purtroppo questi sostantivi nascondono la loro vera identità perché le azioni
di chi deve dare loro l’esempio rimangono distanti dalla realtà. Da quella
realtà che ricalca modi di fare che in passato la giustizia ha condannato come
il “sistema Cuffaro” con le sue clientele, le sue amicizie e le sue pratiche
che favorivano i boss. Oggi hanno cambiato nome, ma il metodo somiglia molto al
passato, come pure l’apparato burocratico, il cuore di un’isola, anzi di un
Palazzo che governa la Regione. E’ fatto da un piccolo gruppo di uomini e donne
che all’epoca di Cuffaro gestivano affari e intrecci politici e sono rimasti al
loro posto. Come lo erano pure con Raffaele Lombardo, il governatore condannato
per mafia, succeduto a Cuffaro che è in carcere per aver favorito Cosa nostra.
E sempre questo ristretto gruppo di uomini e donne si ritrova al fianco
dell’attuale governatore regionale. I siciliani si stanno rendendo conto che
quello che è stato predicato durante la campagna elettorale da alcuni candidati
avvolti dal mantello dell’antimafia, non esiste più. Vedono invece rimodellare
ai vertici di strutture e società regionali il “sistema Cuffaro” e pure quello
di Lombardo. Ci sono centri di potere e lobby che telecomandano il governo
siciliano con la benedizione di senatori con la maschera dell’antimafia. Anche
per questo motivo alcuni assessori hanno lasciato la giunta,come l’avvocato
Nino Caleca ha voluto sottolineare nelle sue dimissioni: “Continuo a sognare
una politica nuova, pulita e trasparente. Per la Sicilia non ci rinuncio.
Avverto un totale senso di estraneità di fronte ad incomprensibili ritorni al
passato”. Oggi in Sicilia pesa il tradimento subito dagli elettori che hanno
creduto in una rivoluzione. Pesa un profilo di governo diverso rispetto a
quello propagandato all’inizio della legislatura. E pesano le parole
dell’ennesimo assessore che ha lasciato la giunta. Si chiama Lucia Borsellino,
figlia di un eroe della vera antimafia, Paolo Borsellino. Dietro il cognome di
questa donna si sono spesso riparati il governo regionale e i suoi burocrati.
Ma il paravento è caduto. E la brava Lucia Borsellino ha deciso di andare via
per “prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale”. Il
fratello di Lucia, Manfredi, in un’intervista ha detto: “Mia sorella ha parlato
di “antimafia di facciata” e io quelle parole me le sono appese in ufficio,
tanto le condivido, tanto mi sembrano arrivare dritte dalla voce di mio padre”-
Il figlio di Borsellino ha così annunciato che la sua famiglia non parteciperà
alle celebrazioni per la strage di via d’Amelio. E pensa che sulle parole di
Lucia sarebbe necessario aprire un dibattito. Che però porti a qualcosa di
concreto. Perché siamo tutti bravi e antimafiosi, a parole. Ma è il metodo a
fregarci.
Lirio Abbate – www.lespresso
- @LirioAbbate - L’Espresso 23 luglio
2015
Nessun commento:
Posta un commento