La Storia Non Insegna
Nulla. Neanche nella
terra dove la Storia si è fatta Civiltà. La Grecia, dunque. Nel furore polemico
degli opposti estremisti alimentati dalla netta vittoria del No nel referendum
di domenica 5 luglio, la passione travolge la ragione. E’ già capitato troppo
spesso nella nostra Europa. Una data, apparentemente minore, nella catena di
avvenimenti che portarono allo scoppio della prima guerra mondiale: 4 agosto
1914. Quel giorno d’estate di 101 anni fa a Berlino i parlamentari della Spd,
il più grande e influente partito socialista dell’epoca, votarono a favore dei
crediti di guerra. Insieme ai rappresentanti del Kaiser Guglielmo II.
Fiancheggiatori arrendevoli della politica aggressiva degli Imperi centrali.
Quell’infausto giorno segnò la fine dell’internazionalismo pacifista predicato
invano dalle organizzazioni operaie e socialiste riunite nella Seconda
Internazionale. Alla solidarietà tra i popoli subentrò la ragion di Stato e
l’orgoglio nazionale. La socialdemocrazia tedesca in quella tragica circostanza
scelse il lealismo patriottico: la Germania innanzitutto, prima ancora che un
estremo quanto gravoso tentativo di mediazione tra le nazioni ormai in guerra
tra loro. Allo stesso modo gli altri “partiti fratelli” rivoluzionari rimasero
immobili, prigionieri di un pensiero politico debole, privi di una prospettiva
credibile. In forme diverse, ma comunque inconcludenti, furono subalterni alla
logica dominante: la prova di forza della guerra. Una inutile strage, secondo
la celebre definizione del pontefice di allora, Benedetto XV. Milioni di
proletari uccisi o mutilati. E dopo ancora, il dilagare dei nazionalismi e dei
totalitarismi del Novecento. (..). Numero Dopo Numero su “l’Espresso” stiamo raccontando e
analizzando questo processo degenerativo (..) Infine questa settimana “Voi
Tsipras noi Salvini”il trionfo . Perché il trionfo del populismo
neo-nazionalista è il lascito avvelenato dello scontro tra i tecnocrati di
Bruxelles e gli scamiciati di Atene. Comunque vada a finire la trattativa, del
No dei greci si sono già impossessati partiti e movimenti pronti a lucrare un
vantaggio elettorale. Appuntamenti con il voto sono in programma in Portogallo
a settembre, in Spagna a novembre e in Irlanda a gennaio. I tempi brevi delle
nostre democrazie sono maledettamente condizionati dall’ansia da prestazione:
la ricerca del consenso immediato vocalissimo, prevale sulla visione
strategica. Velocità nel prendere posizione, dunque, purchè porti voti. he poi
porti anche nella direzione giusta, non è detto. Così Tsipras ha vinto il suo referendum e subito
dopo ha incassato le dimissioni di Varoufakis, l’ex più famoso del momento.
Così Marine Le Pen si prepara alla corsa per l’Eliseo. Così Salvini e Grillo
pensano di mettere a reddito il loro no-euro. Persino la Merkel e Schauble nel
loro compassato rigore non si sottraggono al facile populismo: se ci sono
problemi è sempre e solo colpa degli altri. In questa Europa dalla memoria
corta, tutti finiscono per essere gli ex di un passato che non insegna nulla.
Luigi Vicinanza – Editoriale www.lespresso.it
@vicinanzal – 16 luglio 2015
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