Dunque Il Governatore della Campania è “sospeso”, come da
antica abitudine il caffè nei bar di Napoli. E in effetti la vicenda, per come
è nata ed è andata svolgendosi, offre più materia buona per Luciano De Crescenzo
che per i cultori della legge e della politica, ormai rassegnati al pasticcio
eterno. Che naturalmente è ancora in piena cottura: Vincenzo De Luca –
trionfatore alle primarie, impresentabile secondo i codici dell’Antimafia,
eletto dai campani e sospeso in applicazione della legge Severino – non ha
nominato né vice presidente né giunta regionale e aspetta che il tribunale
valuti il suo ricorso. Lui conta sul precedente del sindaco di Napoli Luigi De
Magistris, incastrato negli stessi ingranaggi e testé rimesso in sella; i
grillini e non solo loro,forse lo stesso Matteo Renzi, sperano invece nel
rigetto. E i tempi stringono, perché entro una decina di giorni il consiglio
regionale deve comunque insediarsi, pena la decadenza e il commissariamento.
Inutile dire che su quanto accadrebbe nel caso che il Tribunale dicesse no, si
contano almeno tre scuole di pensiero politico-giuridiche che vi risparmiamo
per carità di patria. Nell’attesa della prossima puntata, non ci resta altro
che elencare alcune questioni che uomini e donne di buon senso avrebbero dovuto
aggredire subito, e potrebbero ancora farlo. Ma come dimostra anche la tragedia
greca, in corso, che rischia di disperdere al vento sessant’anni di Europa
unita, il buonsenso non sembra bagaglio della civiltà contemporanea. Per
tornare a noi, chi ha sale in zucca si libererebbe delle primarie con uno
schioccar di dita. (..). In realtà il premier-Renzi si è deciso a decretarne la
fine. Questo, però, sarebbe solo il primo passo necessario ma non sufficiente perché,
pur abolite le primarie, resterebbe intatto il groviglio delle altre norme in
vigore. La prima di queste naturalmente la legge Severino che, in verità, prova
a mettere una pezza lì dove partiti e Parlamento hanno generato solo caos.
Probabilmente coltivando la speranza che alla fine diventi indispensabile.
(..). Per far fuori un parlamentare, per esempio, è necessaria una condanna
definiva. Silvio Berlusconi docet. Per un sindaco o un assessore o un
governatore, invece, basta il primo grado di giudizio. Perché?. E Allora, Forse
per ovviare all’inconveniente, i partiti hanno steso qualche mese fa un codice
di autoregolamentazione, che definisce impresentabile, insomma non candidabile
alle elezioni, chi sia stato anche solo rinviato a giudizio, e ha affidato
all’Antimafia il compito di applicarlo. Di qui la vigilia velenosa delle
recenti Regionali. E il bello è che l’Antimafia deve sì vigilare, ma in base a
un codice che non ha valore di legge e dunque non prevede alcuna sanzione:
condanna politica e morale, insomma,ma senza conseguenze. Anzi, una in verità
ce l’ha avuta: De Luca, indicato come il campione degli impresentabili, ha
querelato Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia, per diffamazione, abuso
d’ufficio, attentato ai diritti costituzionali. Mah. (..) Dire adesso che ci
sarebbe bisogno di una qualche forma di forza politica organizzata capace di
filtrare, setacciare, selezionare non è tanto di moda: allora almeno
bisognerebbe fare un po’ di ordine in quella babele di leggi, codici e
regolamenti in base ai quali candidiamo aspiranti politici o li bocciamo.
Bisogna farlo. Per evitare che siano gli elettori a scomparire, dopo i partiti,
o che alle elezioni vincano solo magistrati. Direttamente o indirettamente.
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- @bmanfellotto – L’Espresso 9 luglio 2015
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