“Viviamo In Una
Società” che preferisce spingere i vecchi a
restare giovani per sempre, piuttosto che dare la possibilità ai giovani di
diventare adulti”. L’antropologo Marc Augé guarda con preoccupazione le molte
difficoltà che rendono complicato l’ingresso delle giovani generazioni nel
mondo del , che però è sempre più raro, aleatorio e provvisorio”, spiega il
quasi ottantenne studioso francese, autore di saggi tra cui Un etnologo nel
metrò, Nonluoghi, Le nuove paure e il tempo senza età. “Causa crisi rinunciano
ai sogni per accettare quello che trovano: lavori precari, poco qualificati
sottopagati. La vocazione è un lusso cui non hanno diritto. Più che un lavoro
attraverso cui realizzarsi,cercano un impiego che permetta di sopravvivere. C’è
chi cerca ancora di seguire le sue
aspirazioni, ma è sempre più raro chi ci
riesce”. Per i giovani cos’è oggi
il lavoro? “Un’ossessione e un miraggio. Oltretutto in una società dominata
da disuguaglianza e ingiustizia viene meno l’equazione tra lavoro e denaro: se
certi dirigenti guadagnano tantissimo anche quando fanno male il loro lavoro,
si diffonde un sentimento di casualità: non contano merito e talento, ma la
fortuna. Per i giovani il lavoro ha perso valore. E la dimensione
socializzante. Dominato da individualismo, competizione e precarietà, non è più
l’ambito dove si formano i legami socializzare. Dominato da individualismo,
competizione e precarietà, non è più l’ambito dove si formano i legami
sociali”. Gli si chiede di non essere
schizzinosi, ma anche creativi e intraprendenti… “Viviamo in una società
tardo capitalista piena di contraddizioni, che ai giovani rivolge ingiunzioni
spesso inconciliabili. Il lavoro sarebbe la chiave dell’autonomia, ma a causa
della crisi molti giovani sono costretti a restare a casa con i genitori.
Risultato, la loro infantilizzazione, cui contribuiscono adulti incapaci di
trasmettere loro valori e strumenti”. Non riescono ad essere protagonisti
adulti della loro vita? “Spesso è così. Tendono a ripiegarsi all’interno della
famiglia, mostrandosi passivi nei confronti della realtà e senza aspirazioni.
Quelli che riescono a realizzarsi, lo fanno spesso attraverso una trasmissione
semi-dinastica: figli di attori diventano attori, figli di avvocati diventano
avvocati. Senza dimenticare che i figli dei baby boom-oggi sessantenni-
occupano tutti i posti disponibili. Un simile orizzonte evidentemente
scoraggia”. In Oriente e Usa i giovani
sembrano più intraprendenti… “E’ in parte vero, ma le situazioni economiche
e demografiche sono molto diverse. E poi anche in quelle aree molti restano ai
margini”. In definitiva, cosa pensa
della condizione giovanile? “ La situazione dei giovani è un rivelatore
della condizione generale della nostra società, dove il grande progresso
tecnico-scientifico crea disuguaglianze sempre più profonde. I giovani sono i
primi a subirne le conseguenze. Ma non bisognerebbe parlare dei giovani in
generale: condizioni sociali e appartenenze di classe svolgono un ruolo
fondamentale nei destini individuali. Focalizzando l’attenzione sui giovani,
l’ideologia dominante tenta di cancellare le differenze di classe, riducendole
a un problema di età.”
Colloquio con Marc Augé di Fabio Gambaro – Millennial –
L’Espresso - 9 luglio 2015 -
Nessun commento:
Posta un commento