Oggetto di infiniti documentari e di non pochi brividi
d’orrore da parte dei maschi che tendono ad essere sempre tragicamente la
peggio nel rapporto con le femmine della loro specie (citofonare alla mantide
religiosa o al fuco delle api che si suicida per fecondare la regina), il
“rituale di accompagnamento” è il preambolo e la condizione universale del
mondo animale per partecipare al gioco della vita. Senza arrivare alle fatiche
mostruose del pinguino imperiale dell’Antartide che percorre ogni anno, una
sola volta all’anno, anche 100 chilometri sulle zampette e sulla pancia per
raggiungere la sua bella, o del salmone che risale esausto oceani e fiumi per
trasformarsi in sushi, sashimi o colazione per gli orsi, gli umani si
sottopongono a rituali balletti, danze, pantomime,e certo meno cruente, ma
ancora più complicate e ansiogene. Un esercizio che ha il proprio momento di
più scuto stress nel “primo appuntamento”. Nonostante scaffali di libri,
chilometri di film come l’indimenticabile Harry ti presento Sally migliaia di
blog e siti internet, consigli di amiche e amici esperti e sopravvissuti al
primo contatto con l’alieno o l’aliena, non esiste un libretto d’istruzioni,
non c’è un bugiardino con il dosaggio, gli effetti secondari o le
controindicazioni da applicare al rituale dell’accoppiamento. Una lacuna che ha
spinto due importanti università della California, Stanford e l’Università di
Santa Barbara, a dedicare mesi di ricerche scientifiche ai “do” e ai “don’t”,
al che fare o non fare al primo appuntamento. (..)…..una buona notizia per
quella vasta porzione di umanità che non eccelle nell’aspetto fisico: tratti
come la statura, il colore degli occhi le fattezze del volto sono
importantissimi per ottenere l’aggancio, ma perdono rapidissimamente di valore
con il proseguire della conversazione fra i soggetti (sospiri di sollievo in California
e non soltanto). Gli elementi esteriori, come le bollicine, non resistono a
lungo se lasciati all’aperto. Molto più decisivo per lei – la ricerca si è
occupata per ora di coppie eterosessuali – è l’attenzione che lui dedicherà a
quello che dice. E’ cruciale che lui sappia ridere alle sue battute, ma sempre
ridendo “con” lei, un decimo di secondo dopo, mai “di” lei, che sarebbe un
sicuro stronco-rituale. Il maschio della specie umana deve dunque imparare
l’arte di interrompere la femmina che parla e parla, con garbo e scelta di
tempo, non per prevaricare, ma per segnalare interesse e partecipazione a
quello che lei dice. Pare che le femmine della nostra specie siano molto più
interessate a essere ascoltate che ad ascoltare, a condizione che
l’interlocutore maschio si appassioni, o finga di appassionarsi, a ciò che lei
dice. (..) . Lo studio, condotto su migliaia di single come di coppie,
aggiunge, senza grandi sorprese, che maschi e femmine della specie affrontano il
primo appuntamento con intenzioni che potremmo definire, scientificamente,
“asimmetriche”. Nel “rituale dell’accoppiamento” alle femmine interessa
soprattutto il rituale, mentre la vasta maggioranza dei maschi sembra essere,
almeno secondo gli acuti ricercatori, decisamente più interessata
all’accoppiamento. Obiettivo per il quale i maschi sono disposti ad accettare,
se vogliono raggiungerlo, qualche iniziale sacrificio. Infatti mai si videro
pinguine percorrere cento chilometri per andare a ceno con un pinguino.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 27 giugno 2015 -
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