Mentre Atene Riconosce nella coriacea Berlino la sua moderna
Sparta, ci sono almeno 250 mila tedeschi stesi sulle spiagge dell’Egeo o in
tour nel Peloponneso a nutrire la pelle di creme solari, gli occhi di bellezza,
lo spirito di antica sapienza. Nel 2014 furono due milioni e mezzo (più 17 per
cento), quest’anno il ritmo delle prenotazioni faceva vaticinare lo spostamento
dell’asticella del record a quota tre milioni prima delle disdette: dovute al
timore di disagi, non alla fine di un’attrazione fatale. Che si sublima sia
nell’amore duraturo degli inguaribili romantici perduti dietro il fascino di un
tramonto sul mare tra le colonne doriche, sia nel matrimonio d’interesse di
imprenditori teutonici che sulle macerie della Grecia stanno facendo affari. A
prezzi di favore si vende un Paese in bancarotta, squali della finanza sono
attratti dall’odore del sangue, semplici appassionati del luogo approfittano di
case che ad Atene sono arrivate a costare cinquemila euro (esempi limite, certo
in periferia e non in buono stato) e di ville sulla costa il cui valore è
crollato del 30 per cento. Come nel resto di eurolandia ma qui di più, l crisi
fa ricchi i tedeschi. Dall’inizio dell’austerità le aziende di Germania hanno
investito direttamente 8,7 miliardi di dollari, naturalmente prime (noi secondi
5,6).(..). Ed è solo la superficie del business. Più strisciante e meno
visibile è prtita quella che i più benevoli definiscono “neocolonizzazione”, i
più drastici un’occupazione aggiornata ai tempi. non coi soldati ma con gli
indici di Borsa. Vassilis Primikiris, 64 anni, membro del comitato centrale di
Syriza, non ha dubbi”. Quello che interessa alla cancellieri sono le
privatizzazioni”. E si immagina una calata di barbari nella culla della filosofia
a raccattare per pochi spiccioli quel che resta di una storia gloriosa. Quel
che resta perché i barbari sono già dentro le mura e il loro cavallo di Troia
(o di Troika) è l’euro. (..). La macchina da guerra tedesca è perfettamente
oliata, nessuna concessione al caso. Del resto non aveva previsto Berlino
perfino un “ministro agli affari greci” che suona un po’ offensivo per la
dignità nazionale dei nipotini di Aristotele? (..). Si chiedono anche i greci,
perché mai hanno dovuto acquistare dai tedeschi due sottomarini per 1,3
miliardi di euro nel 2010 quando erano già sull’orlo del baratro. O perché
hanno dovuto dotare l’esercito di terra di 70 carrarmati Leopard nuovi di zecca
prodotti dalla Krauss-Maffei-Wegmann (KMW), entrambi contratti con odore di bustarelle.
(..). Dimitris Kalakis, forse l’economista più famoso del Paese per i termini
robusti e netti che usa nelle trasmissioni televisive dove viene invitato a
furor di audience, è sicuro che ci sia in atto un piano preciso di Berlino per
impadronirsi della Grecia. Kasakis propugna il ritorno ad una moneta nazionale
e argomenta: “Qualcuno mi deve spiegare come mai il nostro debito pubblico nel
2001 era esattamente la metà di quello registrato sette anni dopo. Sette anni
di quro per raddoppiare e ditemi voi allora se responsabile non è la
moneta”.(..). Per noi mediterranei i diritti umani vengono prima di qualunque
calcolo utilitaristico; loro invece, essendo calvinisti, hanno una scala
opposta di valori. Il che non impedisce ai tedeschi di essere profondamente
affascinati dalla cultura greca. E qui Kasakis esagera: “Vero, hanno una doppia
anima. Mi ricordano quegli ufficiali tedeschi che piangevano ammirando
l’Acropoli e un minuto dopo si asciugavano le lacrime e sparavano in testa a un
bambino”. Metafora estrema ed eccessiva, ma che molti ad Atene potrebbero
sottoscrivere. Così come l’altra considerazione del professore: “Zeus, nelle
sembianze di un toro, rapì Europa e la portò sulla spiaggia di Creta per
possederla”. Ecco: a Creta, non nel mare del Nord. Dunque se esce la Grecia, è
l’Europa stessa che saluta gli altri Paesi. Non viceversa.
Gigi Riva – L’Espresso – 16 luglio 2015
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