Un giornalista campano è stato licenziato per ordine di un
boss, e per fortuna si è trattato di un “semplice” licenziamento. Allora le
chiedo: quale differenza esiste tra “un giornalista licenziato su ordine del
boss”, “un dipendente mobbizzato su ordine del superiore”, “ un insegnante
allontanato dal manager della nuova scuola targata Renzi”, e per finire “un
emigrato fermato nella sua rocambolesca e pericolosa traversata”? Secondo me, a
parte la diversa gravità dei casi, non c’è alcuna differenza per quanto
riguarda quella particolare attitudine che potremmo battezzare, per intenderci,
“donrodrighismo”. Don Rodrigo infatti è l’archetipo della piccola
prevaricazione che asserva l’Italia. Signorotto cinico e sprezzante con tutti
quelli che hanno qualcosa da obiettargli, nel suo palazzo, nella sua azienda o
scuola o territorio si sente forte, impunito e impudente, perché pensa di non
dovere dare conto a nessuno, circondato da un manipolo di personaggi a lui asserviti,
costituito dagli affiliati alle famiglie mafiose, dai capi del personale, dai
vice-presidi, dai colleghi zelanti e dagli arruffapopolo locali. Tra costoro ai
annidano sempre più abbondi e azzeccagarbugli e sempre meno fra cristofori.
Giuseppe Ferrara – giuseppeferrara_026@fastwebnet.it
Le sue domande sono troppe e tra loro molto diverse, anche se
accumulate dalla sua metafora manzoniana. Per ragioni di spazio le mie risposte
sarannodi necessità brevi. 1.Che un giornalista venga licenziato su ordine di
un boss, capiterà finchè non avremo debellato la mafia, che non è composta solo
da mafiosi, ma anche da politici con loro collusi. Siccome per questo ci vuole
una chiara volontà politica e probabilmente molto tempo, al momento sarebbe
stato possibile non licenziare il giornalista e, per non esporlo a rappresaglie
sanguinarie, farlo lavorare nel giornale esonerandolo dallo scrivere(..). 2. Se
non è per ragioni di inefficienza, e per giunta e per giunta in presenza di
norme che non ne consentono il licenziamento, praticare il mobbing nei
confronti di un dipendente è una pratica distruttiva , perché pur
corrispondendogli lo stipendio, lo si demotiva, facendogli perdere l’autostima
e al limite il senso della propria identità (..). 3. Per quanto riguarda
l’insegnante allontanato dal dirigente scolastico, anche con la nuova normativa
in discussione su “la buona scuola”, questo non mi pare ancora possibile, anche
se a mio parere sarebbe auspicabile, perché ancora troppo numerosi sono gli
insegnanti non all’altezza del loro compito che, una volta vinta la cattedra,
per quarant’anni possono continuare a demotivare gli studenti per poi
lamentarsi che gli studenti sono demotivati.(..). 4. Infine, per quanto concerne
gli immigrati, oltre alla non accoglienza, non trovo sia una soluzione
respingerli in Libia dove, dopo aver attraversato il deserto tra mille
difficoltà e con molti loro compagni morti e feriti, vivono chiusi in galere
con poca acqua e poco cibo, senza cure mediche, con donne incinte perché
stuprate, come ha documentato un ottimo servizio messo in onda lunedì 18
maggio. E questo perché un’Europa che si dice cristiana, nonostante abbia
rimosso il messaggio evangelico che invita ad accogliere lo straniero, non si
rende conto che non siamo di fronte a un fenomeno passeggero limitato nel tempo
e nei suoi effetti, ma a un fenomeno endemico e inarrestabile, che costringe
molti uomini e donne a preferire una morte possibile a una morte certa nel loro
paese.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 4 luglio 2015 -
Nessun commento:
Posta un commento