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martedì 28 luglio 2015

Lo Sapevate Che: Matteo bussa a soldi.....



“L’Italia Non E’ Un Rischio per la stabilità dell’euro, anzi. Lo scetticismo tedesco contro l’Europa lo combatto prendendo ad esempio il risanamento compiuto dall’Italia in vista dell’euro”. Così parlava il 13 marzo 1998 Wolfang Schauble, all’epoa numero uno della Cdu, accolto a Roma dal premier Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi (ministro del Tesoro) e Giorgio Napolitano (ministro dell’Interno). Era il momento dell’euro-entusiasmo, la partenza della moneta unica, con l’Italia nel gruppo di testa. Schauble era l’erede del cancelliere Helmut Kohl, il volto della Germania europeista. Oggi, al contrario, è la stagione dell’euro-rancore. La fine dell’Europa come terra promessa, orizzonte delle ultime due o tre generazioni politiche. Nella terra inesplorata si trova Matteo Renzi, costretto a fare da comprimario durante lo scontro Ue-Grecia, “lontano dai riflettori”, ha ammesso il premier, condizione per lui inusuale. Dopo il risultato deludente delle elezioni amministrative l’inquilino di Palazzo Chigi aveva dichiarato di voler abbandonare i panni del Renzi 2, l’uomo di Palazzo, per tornare al Renzi 1, l’innovatore prima maniera. Ma il vero nuovo Renzi è quello visto in questi giorni: prudente (“abbiamo giocato la arta del buon senso”), pronto a rivendicare, addirittura, l’impopolarità delle sue riforme. Finisce la fase del populismo istituzionale, di riformismo populista, il leader che rompeva gli schemi, che rivoluzionava il sistema con maggiore efficacia rispetto al Movimento 5 Stelle. Comincia la stagione dei rinvii (la riforma del Senato dopo l’estate) e della diplomazia. In Europa Renzi ha puntato a mostrarsi affidabile, inattaccabile sul piano del rigore, con un ambizioso piano di riforme (l’abolizione del bicameralismo perfetto, il cambio di regole nel mercato del lavoro) per accumulare credibilità. Un tesoretto di fiducia da poter scaricare al momento giusto, per ottenere dall’Europa un allargamento dei parametri per guadagnare dieci, quindici miliardi da destinare alla riforma del fisco e agli investimenti. Per la crescita ne servirebbero, in realtà, molto di più: almeno trenta. Ma bisognerebbe sfondare il tetto del tre per cento, e non è possibile. Prima della crisi greca era questa l’exit strategy immaginata da Renzi, il Renxit, per recuperare i consensi perduti. A Palazzo Chigi giurano che dopo lo scontro sulla Grecia l’obiettivo si avvicina perché con l’Europa nel caos nessuno vorrà negare alla virtuosa Italia una maggiore flessibilità nei conti. E’ lecito però nutrire qualche dubbio, conil debito pubblico in aumento e la crescita del Pil che rimane una vela senza vento. E se il progetto dovesse fallire i Matteo Salvini e Beppe Grillo riprenderebbero voce, provvisoriamente abbassata dopo la resa di Alexis Tsipras.
Marco Damilano – Dopo la Grecia – L’Espresso 23 luglio 2015

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