Quando le prime lettere delle università arrivarono a casa,
la madre non riusciva a smettere di piangere, il padre di sventolarle a tutti i
clienti del suo minimarket in Virginia. Sara – non è il suo nome vero perché è
minorenne – la loro bambina, la figlia unica alla quale la famiglia aveva
dedicato e sacrificato l’esistenza curando un negozietto di tutto e niente
nell’oceano dei sobborghi di Washington, era stata accettata dal meglio del
meglio dell’accademia. Più che accettata, addirittura contesa da schizzinosi e
ultraselettivi college come Harward e Stanford, il sogno dei suoi genitori. (..).
Nel liceo tecnico-scientifico Thomas Jefferson di Fairfax, in Virginia, Sara
era stata tra le migliori. (..). In più per imbottire il curriculum da
presentare alle università in competizione con gli altri studenti, Sara aveva
imparato tre lingue, il cinese, il russo e l’inglese. Aveva partecipato alla
squadra di atletica e di pallavolo, alla scuola di danza, alla
filodrammatica.(..). Bussarono alla loro porta i giornalisti delle tv coreane e
della Yonhap, l’agenzia nazionale di notizie, per fare inorgoglire lettori e
ascoltatori nel paese d’origine. “Genius Girl” era stata ribattezzata, on la
solita concessione all’iperbole di ogni giornalista. (..). L’unico felice problema
da risolvere era la scelta fra Stanford, nella lontana California, e la più
vicina Harvard, a Boston. La soluzione sembrò venire dalle stesse università. Erano
talmente ansiose di averla, naturalmente con borsa di studio completa, che
Harvard e Stanford se ne uscirono con una proposta sbalorditiva: fare due dei
quattro anni del corso di laurea in una e poi trasferirsi per gli ultimi due
nell’altra. Qualcosa che nessuno dei due college aveva mai fatto per nessuno. E
questo fu l’errore di Sara. L’offerta di una doppia borsa di studio in
accoppiata insospettì il preside del Liceo Jefferson. Alzò il telefono, chiamò
Stanford e Harvard e si sentì rispondere che non soltanto non esisteva nessuna
possibilità di un tandem di borse, ma che questa Sara non era mai stata ammessa
né all’una ne all’altra. La “Genius Girl” si era inventata tutto, andando ben
oltre la menzogna dello studente che organizza feste di Laurea senza mai avere
dato nessun esame. (..). Come immaginasse di reggere la fiction a fine estate,
quando le matricole devono raggiungere le università, è un mistero che non sarà
spiegato, perché Sara e i suoi si sono rinchiusi in un silenzio avvolto dal più
tragico e insopportabile dei sentimenti d’imbarazzo. Il padre ha scritto una
lettera pubblica di scuse, domandando perdono per aver umiliato la Corea, i
coreani immigrati, i giornalisti, il liceo Jefferson, le università. Le agenzie
e le televisioni di Seul hanno dovuto chiedere scusa al loro pubblico, per la
“bufala” della “Genius Girl”. E di lei, “ che non sta bene”, ha finalmente
ammesso il padre, non sappiamo più nulla, oltre a questa amarissima parabola di
una figlia disperata he aveva finto di essere quello che non era, per far
contenti mamma e papà.
Vittorio Zucconi – Donna di Repubblica – 18 luglio 2015
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