Confesso Che Fatico a capire perché l’abbiano tirata così
per le lunghe nella trattativa per salvare la Grecia dal default. (..). Intanto
alti suonavano i lamenti e le preoccupazioni per un default greco che avrebbe
incrinato l’Europa e mostrato che la moneta unica può essere colpita e
affondata, alla faccia del “whatever it takes to preserve the euro” firmato
Mario Draghi. E invece si è andati avanti a rilento,di rinvio in rinvio, con
l’accordo a portata di mano, ma alla mercé di chi avrebbe voluto spostare
ancora la firma finale. Nel tentativo assai difficile di salvare la Grecia,
l’Europa e la faccia. La verità è che la questione da economico-finanziaria si
è rapidamente fatta politica. Come lo stesso leader di Syriza ha capito
correndo a Mosca da zar Putin per ricordare all’Europa quali siano le forze,
gli equilibri e gli schieramenti in campo. Evidentemente non di solo euro si
parla. E i primi a saperlo sono gli stessi leader greci. Hanno conquistato il
governo dopo una campagna elettorale tutta giocata all’insegna del “no”
all’austerità e all’Europa del rigore e della troika. Ma da allora a oggi i
vertici si sono intensificati, le trattative prolungate, le contraddizioni
manifestate. A mano a mano che la scadenza si avvicinava, poi, in Grecia è
cominciato l’assalto ai bancomat o, per chi se lo poteva permettere, la corsa
al trasferimento di soldi all’estero: così, in sei mesi hanno preso il volo
trenta miliardi. Mentre il paese sprofondava di nuovo nella recessione. Dunque
Tsipras e Varoufakis si sono trovati dinanzi all’alternativa – drammatica. ma
tutta politica – o di arrivare a un accordo, o di far saltare il banco
accelerando la caduta nel baratro. In Trincea E’ Sceso anche il premier spagnolo Mariano
Raioy preoccupato che riservare un trattamento di favore alla sinistra greca di
Syriza potesse dare fiato alla rampante sinistra anti rigore di Podemos. E i
paesi d’Europa, ciascuno dei quali ha il suo bravo Grillo in casa, gli hanno
prestato grande attenzione senza rendersi conto che, arrivati a questo punto,
dovrebbero rovesciare la loro analisi e domandarsi non come tentare di arginare
Podemos, ma perché la protesta sia nata e cresciuta. Deve muoversi con i piedi
di piombo perfino Angela Merkel continuamente richiamata all’ordine dalla
Bundesbank, dal ministro delle Finanze Wolfgang Schauble e dagli euro scritti
del professor Bernrd Lucke. E questi non lo smuove nemmeno il grido di dolore
di papa Francesco contro le banche salvate a spese dei popoli. Tuttora l’Europa
rischia di esaurire la sua spinta propulsiva per somma di errori e per mancanza
di fiducia. Tsipras non si fida dell’Unione e questa non si fida fino in fondo
delle capacità di Tsipras di convincere i greci a continuare nell’opera di sistemazione
della finanza pubblica. (..). Già, La Germania. Forse a questo punto solo
Merkel può assumersi la responsabilità politica dell’accordo assumendo una
leadership evidente nei numeri, ma ancora affogata negli interessi nazionali.
Anche perché oggi dare fiducia alla Grecia significa credere nell’Europa, nella
capacità di trattare senza timidezze con la Russia, di affrontare la questione
immigrazione che fa rima con egoismo, di assorbire senza scossoni il crac
greco, di rinnovarsi e di rinascere. L’alternativa è una crisi senza precedenti
e il rischio, come dice Draghi, di finire in una “terra incognita”
Questa settimana www.lespresso.it
- @bmanfellotto
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