Mi chiedo perché il
cristianesimo, o se vogliamo la tradizione giudaico-cristiana. abbia attecchito
esclusivamente in quella parte di mondo che definiamo occidentale e che
all’epoca era caratterizzata dall’essere di matrice ellenico-romana, e non
altrove? Certo, poi il cristianesimo è stato esportato, ma questo riguarda
dinamiche affatto diverse. Quindi non possiamo sentirci autorizzati a pensare
che, il cristianesimo stesso fosse “congruente” col substrato culturale ove si
è poi effettivamente annidato, non riuscendo a impiantarsi in modo
significativo là dove questa possibilità era assente? “Cristianesimo e
Occidente sono nati insieme, hanno avuto nel bene e nel male la stessa storia,
avranno perciò lo stesso destino”: parole, le sue, che mi sento di condividere;
allo stesso modo, tuttavia, potremmo dire che non solo l’Occidente deve alla
cristianità i suoi valori fondanti, ma che il cristianesimo deve all’Occidente
la sua stessa sopravvivenza. Valentino Signorini - signorinivalentino@virgilio.it
Le ragioni per cui il cristianesimo è nato nell’area
mediterranea che possiamo considerare la culla dell’Occidente sono diverse e
tra loro convergenti: 1. La prima è che il cristianesimo è una variante
dell’ebraismo. Come dice più esplicitamente Nietzsche, un’”eresia ebraica”. Con
tale matrice il cristianesimo rimane confuso, agli occhi di Roma, almeno fino
al 111 d.C. quando Plinio il Giovane, in qualità di Governatore di Bitinia e
Ponto, chiede all’imperatore Traiano come si deve comportare nei confronti di
una setta che non si definisce ebrea, ma cristiana. Quindi anche tutte le
persecuzioni degli ebrei, la cui religione, accanto a quella ellenico-romana,
era la più diffusa nel Mediterraneo. 2. Il cristianesimo si allargò oltre
l’ebraismo, nel mondo pagano, dopo l’accesa contesa al Concilio di Gerusalemme
verso il 50 d.C., tra Paolo di Tarso e Pietro che, contro il parere del primo,
voleva estendere ai pagani convertiti l’applicazione della legge mosaica.
Paolo, che parlava ebraico, greco e latino, fu il primo, con le lettere, a
gettare le basi teologiche del cristianesimo (..). 3. Sempre nella culla del
Mediterraneo si era diffusa la religione gnostica, che fondeva in una visione
tragico-nichilista di un Dio dimentico delle sue creature motivi delle
religioni misteriche e dello zoroastrismo e credenze religiose precristiane e
giudaiche, successivamente composte con la filosofia platonica e neoplatonica.
La gnosi, con le sue scuole, i suoi maestri, le sue accademie, l’ultima delle
quali fu chiusa nel 529 da Giustiniano, era diffusa nell’area che va dalla
Persia all’Egitto (..). 4. Per combattere la Gnosi i Padri della Chiesa
ritennero di dover dare un fondamento teologico al cristianesimo, almeno
altrettanto solido quanto quello di cui disponeva la Gnosi. E allo scopo
adottarono la filosofia di Platone, che per la sua concezione dualistica di un
cielo iperuranico e un mondo sensibile che a quel cielo doveva adeguarsi,
meglio si prestava alla concezione cristiana che prevedeva una città terrena e
una celeste (..). Il recupero della filosofia di Aristotele avvenne mille anni
dopo con Tommaso d’Aquino e ancora oggi la teologia cristiana è ricalcata sul
modello della filosofia platonico-aristotelica che non ha alcuna relazione col
messaggio evangelico che parla d’amore e carità. 5. Il resto è storia nota. Nel
391, con Teodosio, il Cristianesimo diventa religione di Stato, e nel 476,
quando l’Impero Romano d’Occidente cade de finitamente, la Chiesa cristiana,
che nel frattempo aveva ereditato la cultura giuridica e amministrativa
dell’Impero Romano, prende a governare materialmente e spiritualmente
l’Occidente, diffondendo quei valori di libertà (“non devono più esserci né
schiavi né padroni”), di uguaglianza (“siamo tutti figli di Dio”) e di
fraternità (“ama il prossimo tuo come te stesso”), mai attuati nella storia
governata dalla Chiesa, ma riproposti in versione laica dalla Rivoluzione
francese e tuttora in via di faticosa attuazione. Possiamo allora concludere
con Baget Bozzo che Occidente e cristianesimo, per essere nati l’uno con
l’altro, avranno ineluttabilmente lo stesso destino.
umbertogalimberti@repubblica.it - Donna di Repubblica 25 luglio 2015
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