In fondo al buco nero in cui rischia di precipitare l’Europa
c’è la Grecia, una nazione rovinata da decenni di debiti, economia malata ed
evasione fiscale. Molto più in alto, fuori dal gorgo finanziario, s’è il
Lussemburgo, il minuscolo Stato fondatore dell’Unione europea, che è diventato
ricchissimo favorendo l’elusione delle tasse altrui. Sotto l’egida dei governi
guidati per 18 anni da Jen Claude Juncker, dal novembre scorso presidente della
Commissione e ora protagonista delle disperate trattative per salvare l’Europa
e la sua moneta imponendo al popolo greco un’altra overdose di tagli sociali e
austerità fiscale. Tra i “ruling” svelati da “Lux-Leaks” – i privilegi fiscali
concessi dal Lussemburgo a centinaia di multinazionali, con gli accordi segreti
rivelati dall’”International consortium of investigative journalists”
rappresentato in Italia da “Espresso” – ci sono molti documenti che interessano
la Grecia. I più importanti, sul piano economico, sono i ruling che riguardano
Wind Hellas, la terza compagnia telefonica di Atene, che fu fondata da manager
italiani con il nome di Tim Hellas (e all’inizio Stet) quando la nostra Telecom
era ancora un’azienda pubblica. La compagnia greca è stata per anni un’impresa
modello: tra il 2001 e il 2004 ha generato profitti per 283 milioni di euro,
oltre a pagare alla Grecia 14° milioni di tasse. Nel 2005 viene comprata da due
colossi finanziari, i fondi Apax, inglese, e Tpg, americano, con il sistema
della scalata a debito (“leveraged buyout”): società-veicolo, che viene fusa
con l’azienda acquistata, per cui è questa a dover ripagare la spesa, con
interessi e commissioni, alle grandi banche tedesche e americane che hanno
finanziato l’affare. Apax e Tpg inseriscono Tim Hellas in una nuova capogruppo
lussemburghese che la controlla via Londra, “Hellas II” : sarà la madre dei
guai futuri. Nel giro di soli due anni, la compagnia telefonia si ritrova
sepolta sotto 2,9 miliardi di debiti, mentre lo Stato greco vede crollare le
tasse a 12 milioni all’anno. I fondi intanto recuperano subito tutto
l’investimento grazie a una specialità lussemburghese: “prestiti ibridi”,
approvati in via riservata da un super burocrate, Marius Kohl, detto “mister
ruling”. (..). Sul piano politico il ruling più contestato riguarda le società
lussemburghesi al entro di un maxi-progetto edilizio approvato l’anno sorso dal
centrodestra greco: centri commerciali da 300 milioni di euro nella zona
archeologia dell’Accademia di Platone. Una colata di cemento contestata in
piazza dalla sinistra di Tsipras e da folle di piccoli e medi negozianti,
strangolati da una concorrenza troppo forte e minacciati dai rincari dell’Iva
imposti dai monetari europei. Ora i ruling lussemburghesi mostrano che i
profitti dell’affare ateniese, grazie ai soliti prestiti ibridi, sono destinati
a uscire dalla Grecia per approdare, tramite Malta, Gran Bretagna e
Lussemburgo, nel paradiso fiscale delle Bermuda. Con tasse totali abbattute a quote tra l’uno
e il cinque per cento. Altri ruling approvati sempre quando Junker era capo del
governo, premiano le multinazionali on le holding in Lussemburgo: dalla “Coca
Coca Hellenic Bottling Company”, che in Grecia controlla la più grande fabbrica
europea d’imbottigliamento, ai big
della finanza che hanno acquistato dalle banche di Atene prestiti in rosso a
prezzi stracciati. E ora premono sui debitori greci per farseli restituire con
enormi margini di profitto: fino al 1.600 per cento.
Paolo Biondani e Leo Sisti – La Grande Crisi - L’Espresso –
16 luglio 2015 -
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