Come Dire Un’altra storia
di firme false per la presentazione di liste elettorali, in Piemonte, è sintomo
minore ma erto dello stato di malattia della democrazia rappresentativa. La
firma è infatti la certificazione di una volontà individuale espressa con una
presenza fisica: sono andato al punto di raccolta e ho lasciato la mia firma. Dalle
storiche campagne referendarie radicali alle più recenti elezioni primarie per
la scelta dei candidati, degli appelli alle petizioni, la firma implica una
partecipazione (prima ancora che un’adesione). Il cerimoniale resiste anche
alla pur lecita avanzata digitale: nelle università, per esempio, la firma
elettronica non ha abrogato (non ovunque) quella sulla carta di statini,
moduli, libretti e registri; almeno in Italia. Inoltre, i pagamenti con carta
di credito vanno ancora sanciti on la firma dello scontrino. Ogni volta che un
addetto i tende un modulo in cui ha magari indicato on una x matita il punto in cui firmare; ogni volta
che prendiamo la sua biro; ogni volta che sgorbiamo il nostro nome e cognome in
modo che si ritiene autentico e personale il vecchio mondo si prende una
rivincita su quello nuovo, e ancora immaturo, che pretende di sostituirlo. Cosa
fa, allora, la democrazia rappresentativa di fronte alla nostra scarsa voglia
di partecipare? Mette in scena una rappresentazione: stampa nomi di ignari
cittadini e aggiunge firme fasulle.
Stefano
Bertezzaghi – Visioni – L’Espresso – 16 luglio 2015
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