Verdi Salvato da due
comunisti
Lo Stato non può
pensare a tutto. La cultura, per esempio, si dovrebbe mantenere da sola. O
almeno aiutarsi. Ecco perché due ex dirigenti del
Pci, che guidano la
Fondazione operistica di Milano, vanno presi a modello
“Libiamo, libiamo ne’ lieti calici/ brindiamo con gioia che
la spesa pubblica infiora”. Lo so, l’opera verdiana parla della “bellezza” che
infiora, ma la scena offerta della nostra classe politica, specialmente nelle
sue manifestazioni più grottesche, dalle mutande verdi alle feste in peplum e
gladium, è simile al banchetto della Traviata: libagioni e spensieratezza
ma a spese del contribuente.
Uno dei Capitoli più controversi delle uscite statali
riguarda i contributi allo spettacolo. Tremonti una volta pronunciò una frase
infelice: “Con la cultura non si mangia”. Orbene, l'uomo, invece, non vive di
solo pane e inoltre manifestazioni e beni culturali gestiti decentemente
possono trasformarsi in cospicui proventi, sia per il pubblico che per i privati.
Il dubbio è tuttavia se sia lo Stato a dover far mangiare la cultura, per
quattro ordini di motivi. Il primo è che, come intuì Karl Marx, la cultura
dominante è quella della classe dominante e perciò chi ha il potere è
costantemente portato a finanziare idee affini. Il secondo è che il sussidio è
invariabilmente inefficiente in quanto necessita della triangolazione
riscossione tributo, gestione dei fondi ed erogazione, mentre abbassare le
tasse è molto più diretto. Il terzo è che l’aiuto genera dipendenza. Lo stato
deplorevole in cui versano i bilanci di gran parte di teatri ed enti lirici
(ultimi esempi il San Carlo di Napoli e l’Opera di Roma) è dovuto anche alla
convinzione che tanto, alla fine, ripianerà tutto Pantalone e comunque mai chi
amministra. Infine, in molti casi si definisce col far pagare ai poveri i
divertimenti dei ricchi. Le classi media e alta che in generale affollano i
concerti sinfonici, l’opera lirica e persino i cinema (ripeto, in generale, e
quindi con diverse eccezioni), godono di prezzi agevolati grazie anche all’Iva
sugli alimentari pagata dalla vecchia pensionata al minimo.
Ecco perché l’iniziativa della fondazione dell’orchestra
Giuseppe Verdi di Milano mi sembra degna di nota. La fondazione, controllata da
enti pubblici e privati, è guidata da due vecchi comunisti, Gianni Cervetti,
già “ministro della difesa” di Botteghe Oscure quando c’era ancora il Muro, e
Luigi Corbani, ex vice sindaco delle giunte rosse di Milano. L’orchestra riceve
ovviamente dei fondi pubblici, anzi, nel 2012 sono ammontati a quasi 5,4
milioni di euro. Peraltro, se si esaminano i 20 anni di attività
dell’istituzione, le sovvenzioni equivalgono a circa il 23 per cento dei
ricavi, una percentuale molto più bassa rispetto a enti simili. Gli introiti
provenienti all’attività concertistica e di formazione e gli spettatori sono in
crescita e in più la fondazione possiede il 100 per cento di una società
immobiliare a sua volta proprietaria dell’Auditorium dove si svolgono i
concerti e che, secondo una perizia giurata, varrebbe 27 milioni.
Purtroppo i Tempi sono quelli che sono: il bilancio
della fondazione continua a essere in perdita e il debito verso le banche
notevole, appesantendo il conto economico per più di 1 milione l’anno di
interessi. Cosa si sono inventati allora i due ex esponenti del glorioso
Partito comunista? La “privatizzazione” della società immobiliare. Il 49 per
cento delle azioni verrà posto in vendita a lotti minimi di 150 azioni per un
prezzo di 900 euro. Chi diventerà socio usufruirà di biglietti gratuiti per le
prossime stagioni musicali dal valore di 420 euro e di sconti per il concerto
speciale organizzato dall’orchestra. Certo, gli acquirenti in cuor loro sanno
di non fare una speculazione economica promettente. L’immobiliare non ha infatti
profitti visto che lo scopo sociale è il servizio delle attività della
Fondazione. Però l’amore per la musica e un qualche futuro ritorno economico
potrebbero convincere i cittadini a investire i 15 milioni che Corbani spera i
raccogliere. Ecco: un po’ di ingegno e il mercato possono aiutare gli enti
benefici e pubblici, e poi tutto è privatizzabile, e senza nemmeno dover
chiamare in causa la Cassa Depositi e prestiti.
twitter@aledenicola
Alessandro De Nicola – 23 gennaio 2014
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