Toh, E’ Tornata La
Lotta Di Classe
Il vero scontro
politico, più che sul taglio alle imposte sul lavoro, riguarda la tassazione
degli immobili. Perché se si vogliono trovare le risorse per sostenere la
crescita è da lì che bisogna attingere. E invece il governo Letta fin
dall’inizio…
Davvero pessimo il finale di partita 2013 del governo Letta.
Pasticciato e convulso nelle procedure quanto contraddittorio e carente nelle
scelte di sostanza. L’entrata in porto della madre di tutte le leggi – ovvero
quella detta di stabilità – è stata gestita in un clima caotico di passi prima
avanti e poi all’indietro che ha reso nebbiosa e indecifrabile la supposta
strategia economica del governo. Mai, per esempio, s’era visto il ricorso a
decreti d’urgenza per modificare nel giro di poche ore norme fatte appena
approvare con voto di fiducia. Eppure proprio cosìè accaduto per quanto
riguarda i cosiddetti “affitti d’oro” delle Camere ovvero la doverosa
cancellazione di tagli finanziari punitivi per i Comuni esemplarmente nemici
delle “slot machine”. Ma insomma, visto che si era scelta la strada di
ricorrere al voto di fiducia, non si poteva avere almeno la buona volontà di
sottoporre al Parlamento un testo ripulito da così tante incongruenze? Almeno
si sarebbe evitato di offrire al paese l’immagine di un esecutivo incapace di
destreggiarsi perfino nei percorsi legislativi.
Quanto Alla Sostanza della Legge di stabilità, le note
sono ancora più dolenti perché i suoi effetti si dispiegheranno nel scorso dell’anno
appena iniziato. Il nodo principale riguarda quello che tutti indicano come il
maggior freno alla ripresa di una crescita di cui forse si può cominciare a
scorgere qualche primo e timido germoglio: l’eccessiva tassazione sul lavoro.
Non che manchi un’iniziativa di taglio al cosiddetto cuneo fiscale, ma con una
penuria di risorse tale da far seriamente temere l’inefficacia a consuntivo del
provvedimento. Anche perché ha francamente il sapore di una presa in giro
l’impegno a fare di più in corso d’anno coi fondi che saranno recuperati dai
tagli di spesa o dal contrasto all’evasione fiscale: tutti questi eventuali
risparmi o maggiori incassi sono stati vincolati in via privilegiata ad altre
assai probabili esigenze di bilancio corrente.
Si Fa Presto a dire che i limiti evidenti di
questa manovra sono figli di un ostacolo oggettivo: la coperta corta dei conti
pubblici. Il dato è inconfutabile ma riparandosi dietro questo schermo si
rischia di nascita del governo Letta una sorta di peccato originale che ne ha
condizionato pesantemente l’agilità di manovra: quella abolizione dell’Imu
sulla prima casa che è stato il pedaggio imposto da Silvio Berlusconi per dare
il via alla formazione del governo di larghe intese. Da una coperta già corta
di suo si è così passati a una cortissima: con oltre 4 miliardi in meno da
spesare in alternativa proprio alle risorse che si sarebbero potute ben più
utilmente impegnare sul fronte della tassazione di lavoro e imprese.
Cosicché, In Un Paese in serie difficoltà per una congiuntura
economica avversa da oltre cinque anni, è toccato di assistere allo spettacolo
demenziale di un dibattito politico concentrato in via ossessiva per mesi sul
tema dell’Imu. Senza che nessuna o quasi nessuna voce della classe dirigente –
neppure la Confindustria che oggi leva alti e tardivi lai – trovasse il
coraggio tempestivo e senza remore di denunciare tutta la strumentalità demagogica dell’operazione
offrendo così al pur pavido e remissivo Enrico Letta una sponda per non
arrendersi al nefasto diktat berlusconiano. La cui coda velenosa, purtroppo,
minaccia di intossicare il confronto politico nel corso dell’anno corrente
anche a cavaliere dimezzato.
Dicono Tutti, infatti, che oggi la priorità è più
che mai quella di spingere la crescita economica ma poi – com’è, come non è – a
tenere sempre il tema della tassazione dei beni immobili. A parole in cima
all’agenda c’è il taglio alle imposte sul lavoro, nei fatti a prevalere è lo
scontro sulle rendite fondiarie. Una contraddizione politica dietro la quale,
alla fine, si riaffaccia un’antica conoscenza della storia: la lotta di classe.
Nel cui segno, piaccia o no, si è chiuso il 2013 e si apre anche il 2014.
Massimo Riva – L’Espresso – 9 gennaio 2014
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