Ora, però, nella sua opera riformatrice il Papa dovrà
affrontare una prova decisiva. Il Papa di tutta la Chiesa cattolica non può
trascurare il fatto che anche altrove vi sono gruppi umani afflitti da altre
forme di “povertà”, che anelano a un miglioramento della loto condizione. Si
tratta soprattutto di persone che il Papa avrebbe la facoltà di aiutare in
maniera anche più diretta degli abitanti delle favelas, di cui sono innanzitutto responsabili gli organi dello
Stato e la società nel suo complesso.
L’ampliamento del concetto di povertà si ravvisa già nei
Vangeli sinottici. Il Vangelo di Matteo chiama beati i “poveri in spirito”,
mendicanti davanti a Dio nella consapevolezza della loro povertà spirituale. E
intende dunque, allo stesso modo dei rimanenti testi delle Beatitudini, non
solo i miseri e gli affamati, ma tutti coloro che piangono, emarginati e
oppressi, vittime di ingiustizie, respinti, degradati, sfruttati disperati:
Gesù chiama a sé non solo i derelitti e i bisognosi nel senso esteriore del
termine (Luca) ma anche chiunque soffra nel proprio intimo la pena e
l’afflizione (Matteo), compreso anche il peso della colpa. Si moltiplicano così
a dismisura il numero e le categorie dei poveri bisognosi di essere aiutati.
In primo luogo, i divorziati, che in molti Paesi sono
milioni; e quando, come spesso accade, hanno contratto un secondo matrimonio,
sono esclusi dai sacramenti della Chiesa per il resto della loro vita. Data la
maggiore mobilità, flessibilità e liberalità della società di oggi, ma anche in
conseguenza della crescente longevità, è assai meno facile che un rapporto di
coppia duri per l’intera esistenza. Anche a fronte di queste più difficili
circostanze, il Papa continuerà certamente ad insistere sull’indissolubilità
del matrimonio (…). Ed è ptoptio in nome della compassione postulata da Papa
Francesco che si dovrebbero ammettere ai sacramenti i divorziati risposati,
purché lo desiderino veramente.
In secondo luogo, le donne: milioni di donne che in tutto il
mondo sono messe al bando a causa dell’atteggiamento della Chiesa sui temi
della contraccezioni, della fecondazione artificiale e dell’aborto, e spesso
vivono la loro condizione con animo angosciato. Quanto al divieto papale della
fecondazione “artificiale”, a osservarlo è soltanto una piccolissima minoranza,
mentre per lo più le donne cattoliche la praticano senza alcun rimorso di
coscienza. Infine, l’aborto ovviamente non va banalizzato, e men che meno
adottato come metodo di pianificazione delle nascite, ma le donne che scelgono
di abortire meritano comprensione e compassione.
In terzo luogo, i preti costretti a rinunciare al sacerdozio
per aver contratto matrimonio: sono decine di migliaia, nei cinque continenti.
L’abolizione dell’obbligo del celibato costituirebbe la misura più efficace per
ovviare alla catastrofica crisi delle vocazioni sacerdotali che ha colpito il
mondo intero, col conseguente tracollo dell’attività pastorale. Oltre tutto, il
mantenimento dell’obbligo del celibato renderebbe impensabile un’altra
auspicabile innovazione: quella del sacerdozio femminile.
Tutte queste riforme sono urgenti e dovrebbero essere
discusse innanzitutto in seno alla commissione dei cardinali. Papa Francesco si
trova oggi davanti a una serie di decisioni difficili. Finora ha dato prova di
grande empatia e sensibilità per le afflizioni di tanti esseri umani,
dimostrando in più occasioni un considerevole coraggio civile. Queste sue
qualità gli consentono di prendere decisioni necessarie e determinanti per il
futuro su questi problemi, che in parte attendono una soluzione ormai da
secoli.
Hans Kung – (Traduzione di Elisabetta Horvat)
Dialogo tra credenti e non credenti – Papa Francesco –
Eugenio Scalfari
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