Più delitti
E meno pene
La ministra Cancellieri
scopre un nuovo reato: l’omicidio stradale.
Peccato che esista già.
Perché grazie allo svuota carceri e all’indulto le probabilità di scontare una
condanna in galera sono minime
Tra gli appelli del capo dello Stato per l’amnistia e
l’indulto e la legge “svuota carceri” della ministra Cancellieri, avevamo
salutato il 2013 convinti che il problema della giustizia fossero i troppi
detenuti o i troppi reati puniti con la galera. Ma anno nuovo, vita nuova: il
2014 è iniziato con un annuncio sensazionale della stessa Guardasigilli, in
lieve controtendenza con i precedenti: il governo s’è inventato un nuovo reato,
l’”omicidio stradale”, per assicurarsi che i colpevoli finiscano in prigione,
fino a ipotizzare la custodia cautelare obbligatoria. Immediata e comprensibile
l’esultanza dei parenti delle vittime, che giustamente invocano pene più severe
e soprattutto più certe per i pirati della strada che falciano passanti inermi
facendola sostanzialmente franca, con pene perlopiù virtuali.
Questo Però Non E’
L’Effetto di un
codice penale troppo tenero con i killer a quattro ruote, bensì di un sistema
di sconti, benefici e indulgenze plenarie che annulla qualunque sanzione.
L’”omicidio stradale”, sulla carta esiste già: si chiama omicidio colposo
pluriaggravato (dall’uso di alcolici o stupefacenti) e – quando il conducente è
conscio del rischio che la sua condotta comporta per la collettività – diventa
omicidio volontario con “dolo eventuale”, punibile fino a 20 anni o più (è il
caso dei dirigenti di multinazionali come la Thyssenkrupp e l’Eternit,
condannati a Torino proprio per l’ipotesi più grave). Dunque, con buona pace
della demagogia ministeriale che sfrutta il dolore delle vittime per un po’ di
pubblicità a buon mercato, la nuova legge, non serve a nulla. O meglio: serve
al governo degli annunci-spot, non serve alle vittime. Queste avrebbero bisogno
di ben altre riforme, che vadano nella direzione opposta a quella sempre
seguita da questa classe politica schizofrenica e senza vergogna.
Il governo, con la svuota carceri, ha appena alzato da 3 a 4
anni le pene totali o residue scontabili ai servizi sociali anziché in carcere
e, con l’indulto, vorrebbe abbuonare 3 anni ai condannati presenti futuri.
Facciamo un po’ di conti. Poniamo che, per il “nuovo” reato, un pirata della
strada ubriaco o tossico che ha ammazzato un bambino venga condannato a una
pena molto vicina al massimo: 7 anni. Con l’indulto scende a 4 e non sconta
nemmeno un giorno in gattabuia: rimane libero, con qualche visita
all’assistente sociale chiamato a verificare il suo reinserimento nella
società. Vogliamo fare 8 anni? Bene, anzi male: con l’indulto scende subito a
5. Così entra in cella per scontarne uno, in attesa di uscire per gli ultimi 4.
Ma uno si fa per dire, perché scatta un’altra genialata della svuota carceri:
il bonus della “liberazione anticipata” per i detenuti che non fanno troppo
casino. Prima era di 3 mesi ogni 12, ora è salito a 5. Di fatto ogni condanna a
un anno diventa di 7 mesi. Dunque il nostro eroe condannato a 8 anni, resta
dentro 7 mesi. Per farsi qualche anno di galera dovrà imbracciare un
kalashnikov e compiere una strage. O trafficare in droga, ma in grandi
quantità.
C’è però un rischio residuo: la custodia cautelare (almeno
per chi non ha il numero di cellulare della ministra). Quella che, per i pirati
della strada, il governo vorrebbe rendere addirittura obbligatoria (nel qual
caso la Consulta la dichiarerà incostituzionale: non è obbligatoria neppure per
l’omicidio volontario). Ora però un’apposita commissione del ministero della
Giustizia sta pensando a scongiurare anche quel pericolo, limitando le manette
preventive ai recidivi ed esentandone gli incensurati (non solo i cittadini al
primo reato, ma anche i criminali incalliti presi per la prima volta); e
affidandola a un collegio di tre gip al posto di uno, tanto per rallentare
altro po’ i tempi della giustizia. Come se, per valutare le misure cautelari,
non bastassero gli attuali 10 giudici (un pm, un gip, 3 giudici di Riesame e 5
di Cassazione).
A Questo Punto i parenti delle vittime della strada
potrebbero domandarsi: che senso ha alzare le pene con una mano e vanificarle
con l’altra? E rispondersi: ma allora il governo ci sta prendendo in giro.
Risposta esatta.
Marco Travaglio – L’Espresso – 16 gennaio 2014
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