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martedì 21 gennaio 2014

Lo sapevate Che: Lo Smantellamento dello Stato Sociale....

(…)  le forti disuguaglianze di reddito sono state uno dei principali fattori di crisi economica iniziata nel 2007 e tuttora in corso. Ne segue che lo svuotamento dello stato sociale in nome dell’austerità perviene a configurarsi, nei suoi effetti, come una distribuzione dei costi della crisi, operata nuovamente a danno di coloro che della crisi stessa hanno già sopportato i maggiori costi. Non da ultimo contraendo eccessivi debiti privati, in nessun modo definibili come pubblici, allo scopo si sopperire alla moderazione salariale cui sottostavano nella Ue da almeno quindici anni (negli Stati Uniti, in effetti, da più di trenta).
Dinanzi alle pressioni cui è sottoposto da quelli che passeranno alla storia come i governi dell’austerità, si moltiplicano gli studi sul futuro del modello sociale europeo. In alcuni di essi il rimedio appare semplice quanto radicale. Cito da uno dei tanti: “Si tratta di fermare l’ondata di rimercificazione degli ultimi trent’anni e sostituirla con un movimento di de-mercificazione”. Peraltro il rimedio appare essere un po’ meno semplice non appena gli autori specificano che tale movimento dovrebbe appoggiarsi, primo a una modifica dei rapporti di occupazione e di lavoro, secondo , a una ricostruzione del settore pubblico; terzo, a una democratizzazione delle società europee. In effetti a sgomentare in tali indicazioni non è tanto quella che sembra essere la loro spropositata ambizione progressista, dinanzi a una situazione politica che in quasi tutta la Ue appare muoversi in direzione frontalmente contraria: è piuttosto la loro irrefutabile ragionevolezza.
Una ragionevolezza in presenza della quale tanto le riforme per “modernizzare” lo stato sociale prospettate dal fronte neoliberale, quanto quelle proposte da chi se ne vuole distinguere ma ciò nonostante abbraccia in toto l’idea che i mutamenti economici, demografici e tecnologici degli ultimi decenni richiedano ampie modifiche al modello sociale, appaiono singolarmente del tutto fuori orbitat.
Se da un lato i fautori delle prime ricordano coloro che nell’apologo di Bertolt Brecht segavano il ramo su cui erano seduti, per noi senza un grido cadere nell’abisso, da parte loro i secondi ricordano gli astanti che scuotono il capo in segno di deprecazione, dopodiché si rimettono compuntamente a segare il ramo su cui sono seduti. Fuor di metafora: i fautori dell’ordine neoliberale perseguono il risanamento dello stato sociale, ben consapevoli che lo fanno al prezzo, che ritengono doloroso ma necessario, di sopprimere la democrazia; i loro oppositori sembrano, per la maggior parte, non rendersi conto di rischiare di sopprimere la democrazia quando si sforzano di adeguare al “mondo che è cambiato”strutture e prestazioni del modello sociale europeo, separandolo dal contesto pubblico, ideologico, economico, finanziario che ha costruito lo schema interpretativo dell’intera questione. Mostrando, con ciò, di conformarsi in realtà al medesimo paradigma neoliberale. Non rimangono quindi molti strumenti a disposizione di coloro che credono sia vitalmente necessario difendere, prima ancora delle sue strutture e prestazioni, le idee politiche, morali e giuridiche che sono alla base del modello sociale europeo. Nonché cercare di diffonderle tra i cittadini della Ue. Sembra giocoforza concludere che al momento non vi sia altro da fare se non continuare a ripetere, in ogni occasione, che i costi che ogni essere umano può essere chiamato in qualunque momento a sopportare sono così elevati; così imprevedibili per ogni individuo; così onerosi per le famiglie e per la persona quando non si riesce a coprirli, da richiedere che la responsabilità di sopportarli sia assunta dalla società nel suo insieme, ovvero dallo Stato, come uno degli scopi più alti della politica, anziché essere accollata senza remore né meditazioni al singolo individuo.
E’ questa l’idea che a onta delle immense differenze di storia, cultura, linguaggio e geografia che li dividono potrebbe far crescere nei cittadini dell’Unione il senso profondo di far parte di un progetto di incivilimento, di progresso sociale, che non ha paragoni al mondo. Un progetto che si identifica con una nozione di democrazia come un sistema politico in cui tutti i membri di una collettività hanno sia il diritto, sia la possibilità materiale di intervenire in modo effettivo e partecipato nella formula nella formulazione delle decisioni che toccano la produzione e la distribuzione di quei beni pubblici, quali il modello sociale europeo incorpora, da cui dipende non soltanto la materialità della loro esistenza, ma pure lo stesso significato ultimo che a essa vorrebbero attribuire.

Luciano Gallino – Il Colpo di Stato di Banche e Governi –

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