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sabato 18 gennaio 2014

Lo Sapevate Che: La Grande Sfida...


Un Esperimento Chiamato Matteo

La Crisi Economica di questi anni ha accentuato il distacco dei cittadini dalle democrazie vigenti e ha approfondito le critiche tradizionali ai partiti. Negli ultimi decenni l’atteggiamento prevalente era stato: i partiti . Negli ultimi decenni l’atteggiamento prevalente era stato: i partiti non ci piacciono, ma sono necessari per fare funzionare una democrazia. Recentemente, specie nella sinistra, le posizioni sono diventate: non sappiamo più se i partiti sono effettivamente necessari; cominciamo a pensare che possiamo farne a meno. Negli stessi anni, poi, i partiti si sono trasformati sempre più in istituzioni pubbliche con forte personalizzazione; più lontani dai cittadini, ma ancora necessari per gestire e distribuire risorse, stando al governo. In Italia, il fenomeno è ancora più accentuato e ha creato numerose occasioni di corruzione con un conseguente ulteriore distacco e critiche radicali e diffuse. Bisogna allora chiedersi: in che cosa consiste effettivamente la novità del Pd  di oggi? E quali sono i pericoli conseguenti?
Nel Contesto Descritto una sinistra che voglia salvare se stessa ha tre possibilità. La prima è scegliere a priori di stare all’opposizione e cavalcare lo scontento, che forse si attenuerà, ma molto difficilmente verrà meno. E’ una soluzione adatta a una sinistra minoritaria o a un partito di protesta. Non a una sinistra che, sorretta dai propri valori di eguaglianza, aspiri a governare.
Una seconda è ripartire dai cittadini, riavvicinare il partito a loro, ricostruire una comunità di valori e persone, creando forme di partecipazione e dibattito su cui basare, poi, un’azione tradizionale attraverso le elezioni, il Parlamento ed, eventualmente lo stare al governo. E’ questa la traduzione concreta della cosiddetta democrazia deliberativa. Per l’importanza che ha la partecipazione e la creazione di identità conseguenti, questa alternativa - anche solo coniugata a livello locale – è rimasta e rimarrà nella sinistra, non solo italiana. Sarà, però, minoritaria, perché nel frattempo per altre ragioni la stessa partecipazione è fortemente diminuita negli anni; gli antichi valori sono sempre più dimenticati; l’organizzazione partitica sorretta dai sacrifici dei militanti è scomparsa insieme alle possibilità di ricostruire ampie comunità; le trasformazioni nelle forme di comunicazione hanno personalizzato sempre di più la politica. E’ in questo contesto e sulla base del fallimento o dello scarso successo delle alternative che emerge la terza:
l’esperimento Renzi. Se un partito dentro il potere è delegittimato, se un partito troppo distante è inutile, se un partito vicino ai cittadini non è concretamente possibile, ricreiamo il partito per quello che dovrebbe essere, cioè una struttura intermedia che esprima i bisogni dei cittadini, anche attraverso un leader, svolga un ruolo di proposta politica, suggerisca l’agenda al governo e poi ne controlli costantemente l’azione.
Si Tratta Certamente di una novità, ma un partito del genere può effettivamente esistere e stabilizzarsi? O finirà se e quando Renzi diventasse primo ministro?
Un partito (a vocazione maggioritaria) che non sta al governo o non svolge un ruolo di attiva opposizione ha ancora senso? In passato, sono esistiti partiti fuori dalle istituzioni, ma erano sorretti da comunità e organizzazioni. La sfida è proprio questa: Renzi deve essere consapevole della strada nuova e difficile, intrapresa in un contesto di democrazia paralizzata dalle inefficienze e dal debito. Non vi è, però, un pericolo di crisi del governo. Anzi il partito guidato da Renzi ha bisogno di un governo stabile, che funzioni ma che, specie se di coalizione, diventerà inevitabile anche l’arena in cui si dovranno mediare i conflitti sulle politiche. L’esperimento Renzi comporta anche altre conseguenze, sia in termini di quale sia l’organizzazione più appropriata per un partito simile, sia su come gli altri partiti dovranno competere con il nuovo Pd. Se tutto questo avvenisse e durasse, il sistema partitico ne uscirebbe ridefinito.

Leonardo Morlino – L’Espresso – 16 gennaio 2014 

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