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martedì 28 gennaio 2014

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E Ora Hollande
Corteggia la Merkel

Altro che asse mediterraneo con Italia e Spagna: il presidente francese adesso punta tutto  su un patto con la Germania per dettare la linea all’Unione europea.
E il nostro governo rischia l’isolamento politico.

La curiosità frustrata per i segreti d’alcova dell’Eliseo ha finito per oscurare, nella stampa e nell’opinione pubblica, l’importanza della strategia indicata da François Hollande per il futuro prossimo dell’Europa. Un brutto abbaglio soprattutto per chi, come l’Italia in primo luogo, avrebbe interesse alla formazione di un blocco triangolare (con Francia  e Spagna) da contrapporre alle persistenti rigidità del governo tedesco sulle politiche di contrasto alla crisi economica. Invece, altro che Parigi critica verso Berlino, come molti in cuor loro confidavano: è accaduto l’opposto. Con reiterata insistenza, infatti, il presidente francese ha ribadito la scelta da Parigi per un ancor più solido asse franco-tedesco a guida dell’Unione.
E Lo Ha Fatto in concreto specificando anche tre settori strategici di collaborazione rafforzata fra i due paesi. In primo luogo, quello della difesa con una maggiore integrazione sul campo fra le rispettive forze armate sulla scorta di quanto già in programma con interventi congiunti in Africa centrale. In seconda istanza, Hollande, ha messo il surplus francese nella produzione di energia elettrica a disposizione di un’intesa privilegiata in materia con la Germania. Infine, Parigi intende aprire un cantiere fiscale bilaterale per l’armonizzazione dei trattamenti fiscali delle imprese di qua e di là del Reno.
Tutti progetti che suonano come campane a morto per le speranze di poter costruire un fronte politico “mediterraneo” teso a contrastare quella linea dell’austerità contabile “uber alles” che Berlino continua a voler stringere come un cappio delle economie più fragili di Eurolandia. Tanto più alla luce di un altro annuncio di Hollande secondo cui il governo di Parigi intende mettere al più presto in campo un piano di sgravi da 30 miliardi per ridare ossigeno al proprio sistema produttivo in difficoltà. Ce n’è più che abbastanza per tirare una prima conclusione assai poco rassicurante per il nostro paese: in Europa oggi l’Italia è sola con i suoi problemi (debito crescente, domanda interna calante, occupazione latitante) e rischia l’isolamento politico se non trova al proprio interno la forza di bloccare la deriva deflazionistica verso la quale sta pericolosamente inclinando.
In questo Scenario, sconcertano non poco le diatribe domestiche sui decimali  di punto di aumento che il Pil potrebbe avere fra quest’anno e il prossimo. Sarà più 0,7 ovvero più di un punto intero? E allora? Una collaudata esperienza economica dice: 1) che tra i riavvio della crescita e ripresa dell’occupazione c’è un divario temporale di uno o due anni; 2) che l’offerta di nuovi posti si consolida solo quando i tassi di crescita son ben superiori al punto percentuale. Prospettive che lasciano anora più sgomenti dinanzi alla pochezza delle iniziative messe finora sul tappeto da governo e forze politiche. Già la manovra sul cuneo fiscale risplende solo per insignificanza quantitativa, ma anche le più recenti proposte di riforma del mercato del lavoro, che pure contengono idee valide e propositi apprezzabili, non riescono a emanciparsi da una visione minimalista dei problemi. Ben venga, per carità, un po’ di buon “bricolage” legislativo e contrattuale. Ma non si creda che questa sia la via maestra per mandare a regime il motore della crescita.
Il Nodo Cruciale oggi è la caduta della massa salariale (in quantità globale e in numero di persone) che sta inaridendo progressivamente la domanda interna togliendo così al sistema produttivo la sua fonte primaria di sopravvivenza. Non esistono strategie univoche per aggredire un simile macigno: riforme delle regole di mercato (del lavoro come del credito), redistribuzione dei redditi e dei pesi fiscali ma anche spesa pubblica riveduta e riorientata agli investimenti sono interventi di evidente utilità. Ma ad una condizione che siano realizzati simultaneamente. Non sembra di poter cogliere nella classe dirigente, politica e imprenditoriale, la consapevolezza di questa urgenza.

Massimo Riva – L’Espresso – 30 gennaio 2014

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