E Ora Hollande
Corteggia la Merkel
Altro che asse
mediterraneo con Italia e Spagna: il presidente francese adesso punta
tutto su un patto con la Germania per
dettare la linea all’Unione europea.
E il nostro governo
rischia l’isolamento politico.
La curiosità frustrata per i segreti d’alcova dell’Eliseo ha
finito per oscurare, nella stampa e nell’opinione pubblica, l’importanza della
strategia indicata da François Hollande per il futuro prossimo dell’Europa. Un
brutto abbaglio soprattutto per chi, come l’Italia in primo luogo, avrebbe
interesse alla formazione di un blocco triangolare (con Francia e Spagna) da contrapporre alle persistenti
rigidità del governo tedesco sulle politiche di contrasto alla crisi economica.
Invece, altro che Parigi critica verso Berlino, come molti in cuor loro
confidavano: è accaduto l’opposto. Con reiterata insistenza, infatti, il
presidente francese ha ribadito la scelta da Parigi per un ancor più solido
asse franco-tedesco a guida dell’Unione.
E Lo Ha Fatto in concreto specificando anche tre
settori strategici di collaborazione rafforzata fra i due paesi. In primo
luogo, quello della difesa con una maggiore integrazione sul campo fra le
rispettive forze armate sulla scorta di quanto già in programma con interventi
congiunti in Africa centrale. In seconda istanza, Hollande, ha messo il surplus
francese nella produzione di energia elettrica a disposizione di un’intesa
privilegiata in materia con la Germania. Infine, Parigi intende aprire un
cantiere fiscale bilaterale per l’armonizzazione dei trattamenti fiscali delle
imprese di qua e di là del Reno.
Tutti progetti che suonano come campane a morto per le
speranze di poter costruire un fronte politico “mediterraneo” teso a
contrastare quella linea dell’austerità contabile “uber alles” che Berlino
continua a voler stringere come un cappio delle economie più fragili di
Eurolandia. Tanto più alla luce di un altro annuncio di Hollande secondo cui il
governo di Parigi intende mettere al più presto in campo un piano di sgravi da
30 miliardi per ridare ossigeno al proprio sistema produttivo in difficoltà. Ce
n’è più che abbastanza per tirare una prima conclusione assai poco rassicurante
per il nostro paese: in Europa oggi l’Italia è sola con i suoi problemi (debito
crescente, domanda interna calante, occupazione latitante) e rischia
l’isolamento politico se non trova al proprio interno la forza di bloccare la
deriva deflazionistica verso la quale sta pericolosamente inclinando.
In questo Scenario, sconcertano non poco le diatribe
domestiche sui decimali di punto di
aumento che il Pil potrebbe avere fra quest’anno e il prossimo. Sarà più 0,7
ovvero più di un punto intero? E allora? Una collaudata esperienza economica
dice: 1) che tra i riavvio della crescita e ripresa dell’occupazione c’è un
divario temporale di uno o due anni; 2) che l’offerta di nuovi posti si
consolida solo quando i tassi di crescita son ben superiori al punto
percentuale. Prospettive che lasciano anora più sgomenti dinanzi alla pochezza
delle iniziative messe finora sul tappeto da governo e forze politiche. Già la
manovra sul cuneo fiscale risplende solo per insignificanza quantitativa, ma
anche le più recenti proposte di riforma del mercato del lavoro, che pure
contengono idee valide e propositi apprezzabili, non riescono a emanciparsi da
una visione minimalista dei problemi. Ben venga, per carità, un po’ di buon
“bricolage” legislativo e contrattuale. Ma non si creda che questa sia la via
maestra per mandare a regime il motore della crescita.
Il Nodo Cruciale oggi è la caduta della massa
salariale (in quantità globale e in numero di persone) che sta inaridendo
progressivamente la domanda interna togliendo così al sistema produttivo la sua
fonte primaria di sopravvivenza. Non esistono strategie univoche per aggredire
un simile macigno: riforme delle regole di mercato (del lavoro come del
credito), redistribuzione dei redditi e dei pesi fiscali ma anche spesa
pubblica riveduta e riorientata agli investimenti sono interventi di evidente
utilità. Ma ad una condizione che siano realizzati simultaneamente. Non sembra
di poter cogliere nella classe dirigente, politica e imprenditoriale, la
consapevolezza di questa urgenza.
Massimo Riva – L’Espresso – 30 gennaio 2014
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