Strappando Strappando
Che Male Ti Fo?
Che cosa non convince
della sfida Renzi? La fretta e certi toni. Che cosa sembra nascondersi dietro
la fretta e i toni. E che cosa si sottovaluta? Certi pericoli che ora non si
vedono, ma che Berlusconi non ci ha mai fatto mancare
La battuta più pungente?
“Sembra la bozza di Lorenzago”, copyright Giulio Tremonti, ricomparso in
pubblico in gran forma. Insomma, Renzi come Calderoli, e la Grande riforma –
ideata nel 2003 dai saggi berlusconiani in una baita del Cadore, cui seguì due
anni dopo il famigerato Porcellum – come l’Italicum e le sue appendici
istituzionali. Addirittura.
La formula più infelice? “Profonda sintonia”, parole con le
quali Matteo ha suggellato l’incontro con Silvio scatenando antiche rivalse e
incompatibilità.
E pensare che sarebbe successo se l’avesse tradotto in “pieno
accordo”. Con il Caimano….La parola rottamata? “Inciucio”, e chi se ne ricorda
più, specie dopo che pure l’indomito Stefano Fassina è andato al governo con
Silvio Berlusconi. E la parola resuscitata? “Preferenze”. Ma non s’era detto –
però era l’altro secolo – che evocavano mercato dei voti e clientele mafiose
tanto da farci su un referendum?
E’ successo tutto in poche ore, in pochi giorni, è bastato
che il leader Pd avanzasse le sue blindatissime proposte di riforma con questo
spazzando via abitudini e linguaggi che sembravano impossibili a morire.
Con tale rapidità da lasciare sul capo,
com’era inevitabile, proposte convincenti e fieri dubbi. Tecnici e politici.
Che Cosa, Per Esempio, proprio non convince? Un certo
atteggiamento di Renzi, un tono di ganassa con il quale ignora obiezioni,
dissensi, emendamenti, perché va bene cancellare riti antichi e riflessi
condizionati pur di portare a casa il risultato, ma l’esercizio della
democrazia è anche forma e stile e rispetto. Non convince nemmeno questo
affanno del fare, come si dovesse votare domani, perché la fretta è cattiva
consigliera quando si piccona una costruzione delicata come la Costituzione
maturata in due anni di lavori e discussioni approfondite tra le meglio
intelligenze politiche del dopoguerra. Poi più si corre, più alte si fanno le
aspettative, e di conseguenza più cocenti le delusioni qualora non tutto
dovesse andare nel verso giusto.
E che cosa invece persuade? Proprio ciò che è espresso male (
i toni da ganassa), nel senso della sostanza e non della forma, cioè i no a
inutili e inconcludenti liturgie fatte di concessioni, limature, accordi a
tutti i costi che finiscono per bloccare ogni cosa. E’ sempre stato così.
Finora. Del resto, non sono almeno cinque anni che si parla di cambiare il
porcellum, dieci che si impreca contro il bicameralismo perfetto, trenta che si
invocano le riforme? E adesso che qualcosa finalmente si muove che facciamo,
ricominciamo daccapo?
Ben Venga Dunque Il
Primo strappo, e poi
il secondo, e il terzo ma a certe condizioni: che sia chiaro il disegno finale
e certo il risultato; che non si riveli un incomprensibile guazzabuglio
all’italiana; che la nuova legge non rischi di essere nuovamente bocciata dalla
Corte e che non provochi effetti indesiderati, come può succedere con certi
antibiotici. E poi si strappi e si rompa pure ma non sottovalutando pericoli
che ancora incombono.
Vantando per esempio un’antica frequentazione (giornalistica)
con l’ex Cav., almeno dalla discesa in campo, non possiamo certo escludere che
B. alla fine mandi tutto all’aria, come del resto ha fatto decine di volte,
D’Alema docet, magari se dovesse accorgersi che la “profonda sintonia” premia
più Renzi che lui: che chieda qualcosa
in cambio, magari ciò che Napolitano non ha potuto dargli (salvacondotti,
divieto d’arresto per gli over 75 e simili): che alzi la posta facendo seguire
a queste riforme anche quella dell’elezione diretta del premier grazie alla
quale, com’è noto, ogni candidato premier pensa di vincere. Infine che si
trasferisca in Parlamento ciò che Renzi ha evitato nel suo partito, e che
proprio lì B. riservi le sue sorprese.
Per questo Renzi rischia, corre e non si ferma. Dunque auguri
sinceri a lui, che fu capace di rottamare i vecchi del Pd, ma non ancora Silvio
Berlusconi che quasi ottantenne presidia auspicate svolte generazionali –
altrui – e passaggi dall’una all’altra Repubblica.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 30 gennaio 2014
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