La tentazione del
cinismo furbizia di destra
Mascherata da
intelligenza
Caro Michele, veloce e
necessaria premessa: alle ultime primarie ho votato Civati. Da quando Matteo
Renzi ha vinto le primarie i giornalisti, nella loro stragrande maggioranza, lo
trattano con sufficienza, come fosse una sorta di alieno incredibile, nel senso letterale del
termine. E questo vale per tutti, per il Gruppo Espresso, per La7, per il
gruppo Rcs, per la destra di Santoro e Travaglio.
Naturalmente liberissimi di farlo, liberissimi anche di avere
tutte le perplessità del caso e di manifestarle. Quello che è veramente
insopportabile è l’aria di sufficienza con cui viene accolto tutto quello che
Renzi dice (esemplare in questo senso l’intervista della Gruber a Otto e mezzo),
il manifesto cinismo di chi, con sorrisi e ammicchi, dice al telespettatore:
sì, questo finge di voler cambiare tutto, ma è solo un arrivista e un parolaio
che non vede la dura sostanza delle cose.
Qualcuno si incaricherà un giorno (non un giornalista) di
scrivere la storia di convivenza e di corresponsabilità del giornalismo
italiano in questi vent’anni sciagurati che abbiamo alle spalle. Mi permetto
solo di ricordare ai vari attori della comunicazione che il cinismo esibito è
parente del conservatorismo più bieco, anzi della pura reazione. L’argomento
principe di qualsiasi destra, populista o meno, è che la natura umana di fondo
è immodificabile, mentre qualsiasi visione progressista della politica
scommette proprio sulla possibilità di trasformazione.
Lorenzo Rossi
Sono perfettamente d’accordo caro Lorenzo, sull’assunto di
fondo della sua lettera: il cinismo è conservatore. E, al contrario, niente è
più “di sinistra” che credere nella possibilità di trasformare le società e le
persone. Il problema è che il cinismo è una forte tentazione, perché fa
sembrare “più intelligenti”. Mentre l’ingenuo corre il forte rischio di passare
per fesso, specie in un Paese come il nostro che ha una lunga tradizione di
furbizia spacciata per destrezza intellettuale.
Nel giornalismo italiano, poi, da Prezzolini a Longanesi a
Montanelli, il mito del “nessuno può darmela a bere” (la celebre Società degli
Apoti) è molto radicato: ma si tratta, appunto, di una tradizione tipicamente
di destra, che i succitati maestri concepirono come distaccato disincanto, e i
goffi epigoni applicano in modo becero e malpensante. E certo Renzi (così come
capitò a Walter Veltroni) è piuttosto facile da deridere e criticare, per quei
modi “americani” che al nostro machiavellismo da taverna paiono un poco
cialtroni. E magari, in parte, lo sono: ma si tratta di decidere se vogliamo
morire tutti andreottiani, dentro una politica che è solo arte tattica,
traffico di potere e sottopotere. O se possiamo permetterci il lusso di qualche
residua illusione.
Da ultimo: questo gruppo editoriale è spesso accusato di
essere “renziano”. Lei invece lo accusa di antirenzismo preconcetto. A me pare
che ospiti, su questa e altre questioni, opinioni difformi, e che questo sia un
sintomo di vitalità culturale e libertà editoriale.
Michele Serra – Il Venerdì di Repubblica - 24 gennaio 2014
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