L’arte della Felicità,
la Napoli che amo
Consiglio a tutti di
andare a vedere il film prodotto da Luciano Stella.
Perché è un capolavoro
fatto da talenti creativi della mia città. Perché l’animazione per adulti in
Italia non ha una storia, non ha precedenti. E perché è coraggioso
E’ un capolavoro “L’arte della felicità” e mostra quello che
amo di Napoli, perché mostra quello che amo della vita. E’ un capolavoro da
qualsiasi prospettiva lo si guardi. Anni fa mi capitò di vedere al cinema “La
città incantata” di Hayao Miyazaki. Fu così che entrai di nuovo e per puro
caso, dopo i tempi dell’infanzia, nel meraviglioso mondo dei film di
animazione. Mi avvicinai a Miyazaki e al suo modo di lavorare e capii che
attorno a lui tutto era capolavoro: l’organizzazione del lavoro, la scelta
dello staff, persino chi allo Studio Ghibli teneva la contabilità era ispirato
a criteri di umanità, rispetto e bellezza. Da quel momento non mi era più
successo di vedere nulla di simile, nulla di tanto perfetto in ogni sua parte.
Ecco perché quando ho visto “L’arte della felicità” mi è mancato il respiro. Mi
sono sentito pieno e felice. Affranto e rinfrancato. Ho pianto lacrime calde di
commozione, calde della passione di chi ci ha lavorato: di tutte le persone che
ci hanno lavorato.
Luciano Stella, il produttore del film, a Napoli è
un mito vero, di quelli capaci di rendere migliore il posto in cui decidono di
vivere. Grazie a lui, alla sua lungimiranza nel voler riaprire in via Cisterna
dell’Olio il Modernissimo (la prima multisala del Sud), intere generazioni di
studenti napoletani – la mia compresa – hanno potuto formarsi una vastissima
cultura cinematografica. Se amo il cinema, se mi manca come l’aria ora che non
ho la libertà di poterci andare, lo devo a lui.
Luciano Stella ha prodotto “L’arte della felicità” decidendo
di investire nell’animazione per adulti in un momento di crisi, perché – come
ha detto in un’intervista – la crisi è rottura di vecchi equilibri, non solo
catastrofe e fallimento. Nella crisi Luciano Stella ha visto un’opportunità
soprattutto se si battono sentieri nuovi e l’animazione per adulti in Italia
non ha una storia, non ha precedenti. “L’arte della felicità” è il primo,
incredibile esemplare con cui misurarsi.
E i talenti li ha messi tutti a disposizione Napoli. Il
racconto e i disegni sono di Alessandro Rak, un napoletano, un genio del
disegno. Napoletano come gli altri disegnatori, come gli animatori, come i
musicisti, come gli informatici. E Napoli ci ha messo anche la capacità di
produrre un gioiello con mezzi esigui. Una città in difficoltà da sempre è il
luogo da cui ripartire, è il luogo che può insegnare al resto del Paese come
considerare la crisi ( …) un momento di riflessione prima della rinascita e non
l’ultimo rantolo prima della morte.
La crisi di un uomo, Sergio Cometa ( se Stella è il cognome
del produttore, mi ha fatto sorridere il pensiero che questo film potesse
essere una stella cometa da seguire per la ricerca della felicità), di un
musicista, che perde la persona più preziosa, suo fratello. Un fratello con cui
nella vita ha condiviso tutto. Finanche la passione – che è professione – per
la musica. Attorno a quest’uomo, e a questo dolore, una serie di personaggi.
Citazioni poetiche di una Napoli che diventa meravigliosa perché stranamente,
nonostante la sua monnezza, nonostante il Vesuvio, nonostante il mare e
nonostante la pioggia che mi ricorda Malacqua di Nicola Pugliese, nonostante
tutto, smette di essere Napoli e diventa una metropoli che si può amare. Una
Napoli invasa dalla pioggia che cessa di essere crudele e si trasforma in
balsamo per le anime sofferenti. Balsamo per l’opportunità che offre di
perdersi nel suo ventre, per le infinite combinazioni di incontri possibili.
Una Napoli struggente negli affreschi aerei di Alessandro Rak, il cui tratto
coglie tutto, anche il minimo dettaglio.
“L’Arte Della Felicità” è un capolavoro che ho voglia di
consigliare. Mi viene da dirvi: smettete di fare qualsiasi cosa stiate facendo
e andate a vederlo perché è un film coraggioso. Coraggioso in una fase in cui
odio, crudeltà e ferocia sembrano essere gli unici fari; coraggioso in una fase
in cui distruggere sembra essere l’unica strada per ricominciare. Al centro di
questo arido sentiero c’è la trasformazione di Sergio Cometa, c’è il racconto
della resistenza del bene, del volersi bene come necessitò per una vita
dignitosa. Al centro di questo arido sentiero si erge coraggiosamente “L’arte
della felicità”. L’insegnamento buddista secondo cui nulla nasce dal nulla ma
tutto diventa altro, qui, si fa carne e sangue. Si fa sentiero da seguire per
poter sperare in un paese diverso.
Roberto Saviano – L’Espresso – 5 dicembre 2013
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