(…)
Il Concilio Vaticano II ha tentato una “conciliazione” del
cattolicesimo con il “mondo moderno” del cattolicesimo con il “mondo moderno”,
espressione sintetica per dire: col pluralismo etico e politico. L’invito ai
cattolici a impegnarsi in re civili a
fianco dei non cattolici, con spirito di collaborazione e autonomia di giudizio
era chiaro. Così come chiara era l’inibizione d’usare l’autorità della Chiesa
per sostenere posizioni politiche (“non osino” invocarla a proprio vantaggio).
Sappaimo come sono andate le cose, soprattutto nel nostro Paese. Questa
indicazione, peraltro non priva di zone d’ombra, è stata oscurata, messa in
disparte, a vantaggio d’una presenza molto accentuata della Chiesa nella vita
politica, per affermare le proprie verità.
Ora, il pendolo sembra oscillare dall’altra parte. La
gerarchia, con i suoi abusi, le sue pompe, le sue ricchezze, la sua arroganza,
pare lasciare il passo a un atteggiamento diverso che riscopre la parte del
Concilio Vaticano II che, per mezzo
secolo, è stato oscurato (non abrogato definitivamente). Uno spirito diverso da
quello del passato spira nei primi atti e nelle prime parole del papa attuale,
Francesco.
(…)
In ogni spirito che s’ispira alla laicità e , al contempo,
crede all’utilità, anzi alla necessità che forze morali possano unirsi per
combattere il materialismo nichilistico e autodistruttivo della società basate
sull’egoismo mercantile, l’invito a “reimpostare in profondità la questione”
suscita non solo interesse, ma perfino entusiasmo. La premessa è che il vero,
il bene, il giusto esistono, che dunque non è insensato cercarli e cercarli
insieme, ma che nessuno li possiede da solo, unilateralmente, onde possa
imporli agli altri. Il centro del discorso è la coscienza e la sua
insopprimibile libertà. Il vero, il bene, il giusto possono dipanarsi nella
storia, senza mai, però, raggiungere la pienezza . Le tappe del cammino sono i
giudizi che gli essere umani pronunciano “in coscienza”. Per i credenti, la
pienezza ci sarà, ma non ora, in “questo” tempo; per i non credenti, l’idea
stessa d’una raggiungibile “pienezza” è senza significato. Tuttavia, non è
affatto privo di significato l’operare insieme per combattere la menzogna, il
male, l’ingiustizia. Tutti siamo nella dimensione del contingente: i credenti,
nella fede di poter sempre umilmente procedere verso il bene, i non credenti,
nella convinzione di poter sempre provvisoriamente combattere il male. Il
terreno per operare insieme, per fare un cammino insieme, è aperto. Una chiosa,
però: il Papa, rispondendo a Scalfari, parla di “tratto di cammino”. Questa
espressione non è priva d’ambiguità: dove si colloca, e chi decide dove si
colloca la fine del “tratto”? E che cosa accadrà, allora? Su questo, un chiarimento
da parte di coloro che si protendono la mano sarebbe necessaria.
Gustavo Zagrebelsky –
Dialogo tra credenti e
non credenti (Papa Francesco-Eugenio Scalfari)
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