Indispensabile Il Patto
Con Letta
Al Di Là Delle
Retoriche su vecchi
e giovani, al di là di programmi, tattiche e strategie, un “ grande grido”, si
è levato dal popolo dei “condannati”, per i più vari affetti, in questi anni, a
votare centro-sinistra: liberateci dai suoi capi, dalle sue strutture
statolatri che; pensionate una classe politica incapace di riforme quando
governava e di dare vita ad autentici governi-ombra quando era all’opposizione.
Il plebiscito per Renzi incarna anzitutto questo disgusto, dall’Alpi al
Lilibeo. Da qui iniziano le analisi serie e i problemi per gestire il mutamento
dell’epoca – perché questa svolta non si trasformi in un altro fattore della
rottamazione in corso dell’intero Paese. L’adolescente segretario del Partito
popolare fiorentino, il giovanissimo presidente della provincia di Firenze, nonché
il giovane neo-segretario del Pd è troppo intelligente (e navigato, a dispetto
delle apparenze) per ignorare che mai come in questo caso vale il motto “vae
victoribus” (guai ai vincitori). Un abisso si è determinato tra il voto interno
del Pd e quello delle primarie aperte. Nessuno dei non iscritti ha votato
Cuperlo, colpevole (fino a che punto?) di rappresentare la vecchia arroganza
oligarchica – nessuno, neppure nelle zone di più antico radicamento Pci. Certo,
l’intero apparato potrebbe ora saltare sul carro renziano.
Ma Dubito Che Avvenga poiché le carte in suo possesso
(organizzative e finanziarie) sono ancora solide assai. Che tipo di compromesso
riuscirà a realizzare il vincitore? Per comandare davvero nel partito senza
condurlo a una “dissolvenza” più o meno rapida gli sarà anzitutto essenziale il
patto con Letta. Esiste già, oltre i quotidiani programmi e proclami
anti-inciucio del vincitore? I fedeli
del premier hanno ovunque – e un
democristiano di razza come Letta non regala nulla a nessuno. Su quali
argomenti può reggersi, e fino a quando, questa intesa? Non me lo chiedo per le
sorti del Pd, ma per quelle della patria comune – poiché sono certo che per
esse sarebbe letale una crisi politica nel corso del prossimo anno. Renzi non
può accontentarsi dell’appoggio per la modifica radicale degli assetti interni
di partito (senza la quale sarebbe destinato a rapida estinzione), ma dovrà
puntare a un’azione governativa e parlamentare realmente riformatrice, di cui
potersi proclamare l’autore di fatto, i punti sono quelli stranoti, dai costi
della politica alla riforma elettorale, dalla fine del bicameralismo perfetto
al ridisegno delle autonomie regionali e locali (leggi: federalismo, di cui
nessuno più parla). Ma sono questioni di rilievo costituzionale. Potrà una
qualsiasi maggioranza all’interno di questo Parlamento condurle in porto? La
buona volontà di Letta c’entra, ma poco – forse più quella di Alfano, se per lui
resterà aperta o meno la prospettiva di coalizione col Cavaliere per le
prossime tornate elettorali. Per i problemi economici-sociali la nebbia è
fitta. Che cosa abbia in mente Renzi in materia pensionistica o fiscale è
quanto meno incerto – e quel poco o niente che ha detto finora va in rotta di
collisione sia con la sinistra (sopravvissuta) sia col governo. Al di là di
qualche ricetta socialdemocratica d’annata Cuperlo e i suoi non sanno, d’altra
parte, andare. Infine, i limiti d’azione del governo sono superabili solo
attraverso gli “I dream” e “I can”. Compiere rapidamente nelle istituzioni
tutto ciò che è realisticamente possibile, permettendo allo stesso tempo a
Renzi di mantenere integra la propria immagine in vista del prossimo confronto
con il centro-destra, è l’ardua equazione che il Pd dovrà cercare di risolvere.
Unico valore noto: la repulsione del suo elettorato per chi
finora ha condotto il gioco. Cosa ottima e necessaria, non sufficiente.
Massimo Cacciari – L’Espresso – 19 dicembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento