Cercasi Leader
Disperatamente
Né Letta né Alfano,
l’uno a capo del governo, l’altro del nuovo centro destra, hanno alle spalle
una consacrazione elettorale. E non brillano per capacità di comunicare
progetti di cambiamento radicale. Renzi invece…
L’arrivo dei trentenni e dei quarantenni sulla scena politica
rappresenta anche una nuova stagione per la leadership? Angelino Alfano, 43;
Enrico Letta, 47, e Matteo Renzi, 38, sono le figure più in vista e tutti e tre
si trovano in una posizione di guida: Ma la posizione non fa il leader.
Alfano Vorrebbe rappresentare il riferimento per un
nuovo centrodestra. Ma la sua formazione (Ncd) è accreditata di un consenso
scarso, intorno al 5 per cento, che segnala
la difficoltà dell’ex segretario del Pdl di porsi come un credibile
punto di riferimento per chi non vuole stare a sinistra. Di lui Berlusconi
disse che non aveva il quid e la scialba performance della scorsa settimana, in
occasione della presentazione del nuovo partito, pare confermare questo
giudizio tranchant. D’altro canto, Alfano non ha conosciuto quelle
consacrazioni che fanno di un politico un leader. Arrivò alla guida del partito
nominato da Berlusconi, anche in virtù della sua fedeltà. Si lasciò umiliare
senza reagire un anno fa, di fronte al contrordine compagni berlusconiano sulle
primarie,da lui caldeggiate e annunciate. Ha trovato il coraggio di
allontanarsi solo di fronte all’ennesimo strappo di Berlusconi con la creazione
di Forza Italia, anche se confortato dal suo ruolo di governo, ma continua a
considerare lo stesso Berlusconi come suo punto di riferimento ideale: Non ha
il coraggio di uccidere il padre, come fece Angela Merkel con Helmut Kohl; un
padre che ancora dominava la scena che lui vorrebbe calcare.
Letta rappresenta l’esempio del brillante enfant prodige,
cooptato dai maestri. La sua carriera si connota più per i passaggi
ministeriali e la collocazione in posti chiave all’interno di accordi più ampi,
che non per consacrazioni elettorali. Ma anche per la sua capacità di costruire
reti di relazione. Oggi è a capo dell’esecutivo e forte è la sua determinazione
a mantenere quella posizione. E’ il leader di quell’esecutivo? La sua figura
spicca, rafforzata da un’attenta regia per evidenziarne la statura
internazionale. Ma sia nella situazione precedente alla creazione di Forza
Italia. Sia ora, Letta si trova a dover mediare in una maggioranza composita.
Coerentemente il suo profilo, gli si può forse riconoscere una transactional
leadership, una lesadership negoziale, volta a trovare equilibri e sintesi,
piuttosto che un effettivo ruolo di guida. E rimane il fatto che quella
posizione è stata raggiunta ancora una volta per una decisione dall’alto; Letta
è forte della fiducia dell’establishment, non di un consenso popolare.
Diverso dai precedenti è il caso di Renzi. La sua è la storia
della costruzione di una vera e propria leadership politica. Abbandonata la via
della cooptazione, la sua strada diventa quella delle sfide all’apparato
attraverso la conquista del consenso popolare. Il punto di partenza sono le
primarie fiorentine del 2008 che gli consentono la conquista della guida del
Comune di Firenze nel 2009, che lo vedono uscire onorevolmente sconfitto dalla
competizione con Bersani (e con l’oligarchia del Pd), sino alla conquista della
segreteria del partito domenica scorsa, con un risultato dalle dimensioni
inaspettate e sull’onda di un’altrettanta inaspettata mobilitazione. Una
consacrazione che consente di interpretare la precedente sconfitta come la
battaglia persa di fronte ad avversari comunque puniti dagli eventi (la pessima
performance elettorale del Pd nel febbraio 2013 e il fallimento del tentativo
di Bersani di formare un governo), seguita dalla vittoria finale.
Renzi E’ Sorretto da una visione di lungo periodo e di
cambiamento radicale e dalla capacità di comunicarla con efficacia. Anche in
questo si distingue da Alfano, scarso comunicatore e privo di un chiaro
progetto, così come da Letta, efficace nell’eloquio, ma per comunicare la sua
gestione dei piccoli passi o talvolta di più ampi obiettivi, mai radicali,
però, nella natura e negli strumenti.
Difficilmente Alfano potrà essere il protagonista di una
riorganizzazione del centrodestra. Così come Letta non sembra poter andare
oltre il ruolo di gestore di una posizione difensiva del ceto politico
tradizionale. L’attenzione si volge ora verso l’unico vero e proprio leader
politico del momento, Matteo Renzi. La sua conquista della segreteria del Pd
costituisce un primo mandato per cambiare l’Italia. Ora dovrà dimostrare di
essere un leader all’altezza della sua promessa.
Sofia Ventura – L’Espresso – 19 dicembre 2013
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