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giovedì 12 dicembre 2013

Lo sapevate Che: La Politica Malata...

Dio è morto,
la politica è malata.
Resta la lingua

Lo scandalo delle intercettazioni americane alle spalle di Paesi stranieri ha irritato e umiliato gli alleati. Ma ha anche messo in luce un nuovo collante : l’inglese e l’asse Anglosassone si è rafforzato

Gli schieramenti internazionali si modificano solo lentamente, per convenienza economica o politica. Ma le rivelazioni sugli spionaggi del servizio segreto americano hanno causato una imprevista aggressività fra alleati. I tedeschi, i francesi, i brasiliani si sono offesi perché gli Stati Uniti spiavano i loro governi, malgrado i trattati di amicizia. Gli italiani si sono offesi perché non sono stati spiati. Come capita a chi conta poco: anche questa è una mancanza di rispetto.
Non si è, invece, fatta molta attenzione a una diversa notizia. Esiste nel mondo un accordo per cui cinque Paesi ( i Cinque Occhi, Five Eyes) non si spiano, mai tra loro: sono alleati non a parole ma nei fatti: non solo non si spiano ma si informano a vicenda. Al loro vertice stanno gli Sati Uniti, seguiti da Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda. Sparsi tra il Nord e il Sud della Terra e su tre continenti, cosa hanno in comune? Lo avete intuito: la lingua inglese e la cultura anglosassone.
Per allargare la prospettiva, facciamo qualche passo indietro. Nel 1870 Jacopo Burckhardt tenne a Basilea uno dei corsi più influenti di tutti i tempi. Fra gli ascoltatori entusiasti c’era addirittura Nietzsche, il quale influì a sua volta su tutto il secolo XX e le sue ideologie. Burckhardt spiegava che a muovere la storia sono tre potenze: lo Stato, la religione e la cultura, il cui cuore pulsante è la lingua. Per i nostri scopi considereremo proprio quest’ultima come “terzo potere”.
In che rapporto stanno fra loro i tre soggetti di Burckhardt, a un secolo e mezzo di distanza? Essi sono legati come un tempo. Le popolazioni hanno bisogno di contenitori e di certezze: se uno dei poteri perde influenza, le aspettative si rivolgono inconsciamente a un altro dei tre. Quasi ovunque lo Stato si è modernizzato e laicizzato. Ma proprio il suo esser divenuto una anonima “macchina di governo” lo rende meno significativo. In Italia abbiamo la fantasia che il disprezzo per lo Stato e i suoi rappresentanti sia una particolarità della nostra penisola. Invece, la partecipazione civica e la percentuale dei votanti continua a calare in tutto il mondo. Le novità che si affermano sono quelle dell’anti-politica e dell’anti-Stato, come i Tea- Party americani.
Nel mondo contemporaneo, occidentale e globalizzato, la religione perde influenza ancor più rapidamente. I suoi rinnovamenti ci lasciano il sospetto di esser rattoppature: per adattarla ai problemi più urgenti, quelli dell’ambiente, si rivaluta Francesco d’Assisi, profeta poco ascoltato già otto secoli fa, o ci si rivolge frettolosamente al buddhismo. Unica religione in visibile ascesa sembra l’Islam. Non a caso: il suo ritorno a forme fondamentaliste è prima di tutto nostalgia di un califfato universale. Un gigante mondiale perduto che era Stato, religione e lingua araba unificati, contenitore ben più completo di quelli europei e cristiani. I musulmani oggi si ribellano perché incorporati in Stati alieni, con religioni e lingue diverse: nei Balcani, nell’Africa occidentale, in India, in Cina, nelle Filippine. Quella fondata direttamente da Dio e dotata di una lingua unificante è la prima e più stabile – quindi rassicurante – forma di Stato. Anche in Europa l’ultimo Sacro Romano Impero di Nazione Germanica si è spento solo nel 1806.
Ecco dunque creato, dall’indebolimento degli altri due poteri, lo spazio per quello che più resiste ai secoli: la lingua. Si afferma l’inglese, rafforzato da internet, neo-califfato universale e virtuale. Nasce un nuovo soggetto globale della geo-politica anglosassone di cultura e anglofono di lingua. Non è una congiura internazionale di quegli Stati Uniti, che molti chiamano Impero. E’ una marea secolare spinta dall’inconscio collettivo delle masse, che cercano sicurezza nei simili e diffidano dei dissimili. E la lingua oggi, quando ci si parla e scrive istantaneamente attraverso tutto il mondo, è un contenitore di identità ancor più del colore della pelle, che per millenni ha fornito ai semplici la separazione tra noi e voi, tra civile e barbaro.
Burckhardt aveva ragione. Al suo triangolo dovremmo oggi però aggiungere un quarto fattore, forse anche più potente: l’economia e la finanza. Apriremmo così la strada a qualcuno che, fra un secolo o più, tiri le somme del rapporto fra i poteri in cui oggi viviamo.
Luigi Zoja- Venerdì di Repubblica – 6 dicembre – 2013

(psicanalista.Ultimo libro Utopie minimaliste)

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