Renzi, guarda alla voce
“forconi”
Mentre il neo leader
del Pd si metteva la cravatta per andare da Letta, i poliziotti si levavano il
casco.
Certo, solo una
coincidenza ma che mostra quali siano i problemi ai quali il Paese aspetta una
risposta. Da chi vuole diventare sindaco d’Italia.
Il caso ha voluto che lunedì 9 dicembre, nelle stesse ore in
cui i poliziotti in servizio d’ordine pubblico a Torino paralizzata e umiliata
dalla protesta dei forconi si toglievano platealmente il casco, Matteo Renzi, neo leader dem per voto
popolare, metteva la cravatta (gialla) e varcava il portone di Palazzo Chigi
diretto all’ufficio di Enrico Letta. E il giorno dopo, proprio mentre il
sindaco di Firenze che sognava di diventare sindaco d’Italia annunciava che mai
e poi mai avrebbe candidato D’Alema alle europee, buttando finalmente alle
ortiche uno dei rituali più stanchi della Prima Repubblica, la jacquerie
occupava piazzale Loreto a Milano gridando “Siamo l’Italia” e preparandosi a
gesti ancora più clamorosi e ultimativi. Forza delle coincidenze, forza dei
simboli.
E’ troppo presto per dire se i manifestanti che si apprestano
a marciare su Roma siano davvero l’Italia, ma certo ne stanno portando in
piazza quel sentimento diffuso e finora sotterraneo di rabbia sociale, paura
del futuro, delusione che finora non aveva trovato né sfogo né composizione
politica. I nuovi “incazzati” non assomigliano affatto agli indegnatos della
Puerta del Sol che si battevano per più democrazia; c’entrano poco anche con i
rivoltosi che in Cile portarono al potere il dittatore Pinochet, se non per il
fatto che a innescare la miccia sono stati lì e qui gli autotrasportatori; sono
diversi anche dagli esasperati che due anni fa misero a ferro e fuoco Atene.
No, Qui Il Fenomeno E
Più complesso. Viene
da lontano e si presenta interclassista e intergenerazionale, corporativo e
protestatario, settentrionale e meridionale. I tir si portano dietro i
trattori; gli artigiani urlano con i disoccupati; i ragazzi dei centri sociali
marciano con i piccoli commercianti; gli ultrà delle curve razziste e
neofasciste sfilano con i contadini che rivendicano un made in Italy
ortofrutticolo. Si tratta insomma di categorie sociali e produttive impoverite
dalla crescita zero, schiacciate dalle tasse, improvvisamente private – in nome
del rigore – di quei soldi pubblici che in altre stagioni li hanno sussidiati,
blanditi, salvati. Non deve quindi sorprendere se il levarsi il casco dei
poliziotti di Torino sia stato letto come gesto di solidarietà con i
manifestanti. Non era mai successo, e se
non vogliamo chiamarla solidarietà certo l’atto equivale a dire: anche noi
siamo inguaiati come voi. Chissà come avrebbe commentato Pasolini, che nel
Sessantotto era ideologicamente dalla parte degli studenti (però ricchi) di
Valle Giulia, ma simpatizzava con i poliziotti (perché poveri): non sono stati
loro a offrire fiori, come il poeta auspicava, ma gli altri a levarsi il
simbolo del loro potere, il casco.
Più La Guardo, Più Questa è proprio l’Italia “sciapa e infelice”
fotografata dal Censis di Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, dove circolano
“accidia, furbizia, disabitudine al lavoro, immoralismo diffuso, evasione
fiscale”, dove “troppa gente non cresce, ma declina nella scala sociale” dando
spazio a uno “scontento rancoroso”. Come non concordare? Ma se i sociologi
spiegano il fenomeno, la politica non riesce a trovare soluzioni. Così interi
gruppi sociali si sentono abbandonati, non rappresentati da partiti, sindacati,
lobby professionali, associazioni di categoria. La frantumazione genera
incertezza e rabbia dando spago a populismi e demagogia: la destra neofascista,
come giù avvertiva un rapporto dei servizi segreti, si infiltra nei movimenti
di piazza: Beppe Grillo soffia sul fuoco e Berlusconi si affretta a offrirsi
come punto di riferimento della protesta.
Ecco, è questa miscela di collera e delusione a spiegare
quanto sia arduo il compito di Renzi, che proprio da qui deve cominciare, e con
atti concreti, se non vuole mandare in fumo un bel successo e soprattutto se
non vuole che il Paese declini ancora su chine o greche o sudamericane. Mente
Pochi gironi fa a Piazzale Loreto, sinistramente scelta come base dalla nuova
protesta antisistema, i manifestanti urlavano: “Per i politici è finita”. Già,
e a chi toccherebbe adesso?
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso 19 dicembre 2013
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