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martedì 10 dicembre 2013

Lo sapevate Che: Legge e Libertà...


Mille anime morte vagano per Roma

Il Parlamento conta sempre meno. E perde autorità e prestigio: le leggi si fanno altrove, e la politica pure.
Come si vede dalle regole elettorali e dalle riforme costituzionali. Forse hanno ragione in Islanda…

E voi, ai fantasmi, ci credete? Probabilmente no, ma probabilmente ne avete già incontrati un paio, benché non ve ne siate accorti. D’altronde non servono sedute spiritiche, basta una passeggiata nel centro di Roma. Dove due antichi edifici (Montecitorio e palazzo Madama) sono infestati da mille larve trasparenti: anime morte, di cui però nessuno piange la scomparsa. I mille parlamentari della Repubblica italiana.
No, non è antiparlamentarismo, non è il sentimento becero che un secolo fa dilatava le pupille a Benito Mussolini. E’ un dato di fatto, ahimè, e sarebbe stolto polemizzare con i fatti: hanno la testa dura, come diceva Lenin. E’ un fatto la perdita d’autorità e prestigio delle assemblee rappresentative. E’ un fatto la crisi nera della loro stessa funzione, dato che Scilipoti e Razzi non rappresentano nessuno. E’ un fatto che la politica sia emigrata altrove – nei movimenti, nelle piazze, nel popolo del Web. E’ infine un fatto che persino la loro occupazione principale (mettere un timbro sulle leggi) venga ormai esercitata in altre stanze, da altri pubblici esercenti.
Le Prove? Fermiamo l’orologio su una data: 29 aprile 2013. Quel giorno Enrico Letta espone il suo programma di governo, dichiarando che intende riesumare la centralità del Parlamento. Meglio tardi che mai, dopo le angherie del gabinetto Berlusconi, dopo l’algido disprezzo del gabinetto Monti. Dunque stop all’abuso dei decreti, ai maxiemendamenti, ai voti di fiducia che sequestrano le assemblee legislative. Ma si dà il caso che un mese dopo erano già 5 i decreti legge sfornati dal nuovo esecutivo. Mentre in quest’ultimo mese di novembre serve un pallottoliere per contare gli atti normativi del governo: 4 decreti del presidente del Consiglio, 2 regolamenti, 15 disegni di legge, 9 decreti legislativi esaminati dal Consiglio dei ministri. Nello stesso arco di tempo il Parlamento ha licenziato un’unica legge solitaria (la n.128), peraltro sotto dettatura di palazzo Chigi, trattandosi della conversione d’un decreto. Anzi no, si è sobbarcato pure un’altra fatica: l’approvazione notturna del maxiemendamento alla legge di stabilità. Come la tradizione confezionato dal governo, e senza risparmiare sulla stoffa: 531 comuni, 57.907 parole.
Insomma, i nostri cari estinti non hanno un gran daffare. Si sono fatti confiscare da Letta e Quagliarello pure le riforme costituzionali; eppure questo menù, da che mondo è mondo, dovrebbe cucinarsi in Parlamento. Perché i cambiamenti della Carta toccano tutti, maggioranza e opposizione. E perché l’opposizione abita alle Camere, non a palazzo Chigi. Del resto l’inedia s’estende all’altra regola del gioco, la legge elettorale. Ci avevano promesso in mille lingue di correggerla, sono rimasti con la lingua penzoloni. E il rapporto di fiducia con l’esecutivo? Non serve un nuovo voto, dopo l’addio di Forza Italia? Sì, no, forse. Intanto la Camera vota a ranghi compatti la fiducia al ministro Cancellieri (405 in favore, 154 contro), mentre gli italiani ne invocano, altrettanto compatti, le immediate dimissioni (89 per cento, in base a un sondaggio del “Messaggero”. Ma il Parlamento ormai non parla con l’Italia. Né con i principali leader politici italiani (Renzi, Grillo, Berlusconi), che lì dentro non hanno diritto di parola, dato che non hanno neanche un seggio.
Domanda: e allora a che diavolo serve farsi eleggere? Risposta: serve a procurarsi una ricca busta paga, nonché l’indennità dagli arresti. Quanto meno alle nostre latitudini; ma sta di fatto che l’eclissi delle assemblee rappresentative è un fenomeno mondiale. Negli Usa il politologo Benjamin Barber propone di sostituirle con un congresso di sindaci (If Mayors Ruled the World, Yale University Press, 2013). In Francia Sègolène Royal, già nel 2006, evocò giurie di cittadini sorteggiati. In Islanda, nel 2011, hanno emendato la Costituzione aprendo una pagina su Facebook. Ovunque si moltiplicano esperienze di democrazia diretta, partecipativa, deliberativa. E in Italia? Tutti conservatori. Non hanno capito che non c’è rimasto nulla, proprio nulla, da conservare in frigorifero.

Michele Ainis – L’Espresso 12 dicembre 2013

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