Tre milioni in fila per
il Pd e di colpo le riforme
Si rimettono in moto
Non si sa se ridere o
piangere, ma è un fatto che la riforma della politica
rinviata per decenni,
si è messa in moto di colpa. I vecchi marpioni
della nomenclatura non
si aspettavano che tre milioni d’italiani andassero
a votare per le
primarie del Pd e nemmeno il plebiscito per il rottamatore. Ora Matteo Renzi e
Enrico Letta hanno davanti un’autostrada. Se davvero faranno in pochi mesi le
riforme promesse – la legge elettorale, il taglio di un miliardo ai costi della
politica, l’abolizione delle province e del finanziamento ai partiti, la
riforma del Senato – allora la coppia governerà per i prossimi dieci anni.
Nella speranza, s’intende, che la ripresa tante volte annunciata si
materializzi nella realtà.
La tragicomica fretta con la quale i signori della politica
hanno scongelato la legge elettorale e lì abolizione del finanziamento è
purtroppo la conferma dei peggiori sospetti. Era tutto vero. C’è stato in
questi venti anni un tacito patto fra il berlusconismo e pezzi del gruppo
dirigente del centrosinistra per non cambiare nulla. Non toccare di una virgola
i privilegi del ceto politico, non varare alcuna riforma, combattere ed
emarginare quel poco e tanto di magistratura e informazione indipendenti che si
opponevano all’inciucio o più semplicemente hanno continuato a fare il proprio
onesto mestiere. I pochi leader politici estranei a questa logica, come Romano
Prodi, sono stati osteggiati in ogni modo. Altri, che erano o sembravano fuori
dal sistema, come Umberto Bossi e Antonio Di Pietro, sono stati coinvolti nel
gioco dell’arricchimento personale e familiare, facile e impunito. Il patto
scellerato ha prodotto un sistema politico, quello della seconda Repubblica,
assai più corrotto e incapace rispetto a quello di Tangentopoli.
Ora è bastato che una domenica di dicembre tre milioni di
persone andassero a votare un leader, troppo giovane o ambizioso o magari
onesto per far parte della combriccola, perché tutto cambiasse. Adesso tutto si
può fare. Una legge elettorale che non sia una porcata, l’abolizione del
finanziamento ai partiti già in teoria finito con un referendum, la riduzione
di privilegi assurdi, impopolari e soprattutto unici nelle democrazie
occidentali.
Può perfino succedere che la sinistra vinca le elezioni
contro Silvio Berlusconi. Le vinca e basta, senza discussioni e algoritmi e
polemiche sui ventimila voti in più o in meno. Io ancora non ci credo e forse,
in effetti, non andrà così. Ma intanto ci hanno tolto vent’anni di vita, di
speranze, di futuro per i nostri figli. Altro che restituire i rimborsi
elettorali.
Curzio Maltese – Venerdì di Repubblica – 20 Dicembre 2013
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