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martedì 31 dicembre 2013

Lo Sapevate Che: L'Antitaliano...


Cosa ci insegna il caso Ai WeiWei

L’artista è blogger, attivista per i diritti umani, viene perseguitato dal regime di Pechino. Ma non si ferma. E ora sta preparando alcune installazioni nel famoso carcere americano di Alcatraz. Soggetto: la perdita di libertà individuale.

L’ultimo scritto dell’anno per definizione è uno scritto pieno di nostalgia. Nostalgia e timore per ciò che ci aspetta e in nessun modo si riesce a prevedere. Sarebbe importante avere in questa fase certezze. Certezza, che le cose possano andare meglio e non peggiorare. La certezza che ciò che vediamo sia esattamente quel che di telespettatori. Sarebbe meraviglioso poter scrivere senza essere fraintesi e, soprattutto, senza essere strumentalizzati. Sarebbe altrettanto meraviglioso poter leggere senza dover fare sempre la tara. Se dicessi che l’evasione fiscale è un’accusa molto diffusa tra gli oppositori dei regimi totalitari, sono certo che ad alcuni verrebbero in mente le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. E questo perché l’attenzione si fermerebbe alle parole”evasione fiscale” e “accusa”. Naturalmente Berlusconi non è mai stato un oppositore e non ha mai vissuto in alcun regime totalitario, anche se lui la pensa diversamente. La mia affermazione, quindi, con ogni evidenza non si riferisce a Berlusconi e non, ovviamente, all’Italia. Ma alla Cina di Ai WeiWei. Artista, architetto, blogger, attivista per i diritti umani, dissidente: un uomo che sfugge alle definizioni. Sarebbe meglio per conoscerlo avvicinarsi alle sue opere e ai suoi spazi online in continuo aggiornamento.
AI WEIWEI AD APRILE 2011 viene arrestato con l’accusa di frode fiscale. La notizia è diffusa da una fonte non ufficiale, un quotidiano cinese, il Wen Wei Po, che negli ultimi decenni è stato organo di propaganda filogovernativa e che aggiunge arbitrariamente alle accuse di evasione fiscale a carico di Ai WeiWei anche quella di diffusione di materiale pornografico via web e di bigamia. Per 81 giorni l’artista è detenuto in una località segreta senza un regolare processo. A maggio 2011 alla moglie viene accordato il permesso di incontrarlo. Lu Qiong riferisce che il marito è in buono stato di salute, ma che non ha avuto la possibilità di poter parlare con lui liberamente su come fossero realmente trascorsi quei due mesi di reclusione. La storia di Ai Weiwei l’ho apprezzata in un documentario bellissimo trasmesso su Laeffe TV “Ai Weiwei: Never Sorry” e subito mi è stata chiara una cosa: Ai è un personaggio incredibilmente moderno, e in quanto tale, troverete persone capaci di dirvi che ha costruito la sua fama sulla detenzione, come se qualcosa di buono da 81 giorni di allontanamento dalla vita possa davvero venire. Incredibile il cinismo cui ci siamo assuefatti: siamo diffidenti al punto che tutto ciò che sa di buono diventa espressione di un buonismo che quasi non riusciamo a tollerare, etichettiamo come falso tutto ciò che non abbia un marchio di infamia evidente. Siamo convinti ormai che tutto sia una presa in giro e navighiamo a vista per non essere fregati. Ma è ovvio che questa attitudine ci sta penalizzando più di quanto non immaginiamo e più di quanto non siamo disposti ad ammettere. E, dopo tutto, non ci rende immuni da sviste e falsi profeti.
INVECE ESISTE UNA CONNESSIONE evidente tra l’arresto di Ai Weiwei e l’inchiesta che aveva condotto sulla sicurezza nelle scuole dopo il terremoto del Sichuan nel 2008 e con la notizia dell’arresto iniziano le petizioni online cui partecipano, spesso come promotori, i principali musei del mondo. Ciò che si vedeva a rischio erano il diritto inalienabile a un processo equo e la libertà di espressione perché era evidente che Ai Weiwei fosse stato arrestato da un regime che è solito reprimere il dissenso e che non apprezza le provocazioni. La liberazione è avvenuta poi a giugno 2011, come fa notare più di una fonte, poco prima che il premier Wen Jiabao intraprendesse un viaggio programmato in Europa. Ora Ai Weiwei è impegnato in un nuovo progetto. Un progetto necessario: da settembre 2014 ad aprile 2015 si apriranno per lui le porte di Alcatraz. Per la prima volta un artista avrà accesso al più famoso penitenziario del mondo e potrà attraversare con le sue opere quegli spazi. Le installazioni non avranno alcun riferimento autobiografico, ma si occuperanno di una questione fondamentale: la perdita di libertà individuale. Tutto questo riguarda Cina e Stati Uniti, ma non posso fare a meno di ricordare la condizione delle carceri italiane. Non posso fare a meno di ricordare che anche il 2013 è stato un annus horribilis  per i suicidi in carcere. Non posso fare ameno di pensare che questa sia un’emergenza, l’ennesima che la politica non riesce a considerare tale. Buon 2014.

Roberto Saviano – L’Espresso – 2 gennaio 2014

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