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venerdì 13 dicembre 2013

Lo Sapevate Che: Quattro Ruote di Burocrazia...


Ogni auto ha bisogno dei documenti del ministero e di quelli dell’Aci. Un doppione che nessuno riesce a eliminare

Non bastassero il caro benzina e il rialzo delle polizze assicurative, c’è una voce di spesa occulta che a chi ha una vettura (ma non solo) costa decine di milioni l’anno: l’esistenza di due registri automobilistici. Un paradosso tipico del nostro Paese dove, caso unico al mondo, servono due distinti documenti per identificare un veicolo: la carta di circolazione (obbligatoria e valida in tutta la Ue) e il certificato di proprietà, richiesto solo in Italia e indispensabile unicamente all’atto della vendita. L’una è rilasciata  dalla Motorizzazione civile, che fa capo al Ministero dei Trasporti; l’altro è di esclusiva competenza del Pubblico registro automobilistico (Pra), gestito dall’Aci. Insomma, chi garantisce la conformità delle macchine alle leggi in vigore non coincide con chi sovraintende all’aspetto giuridico e patrimoniale. E nonostante numerose operazioni, come i passaggi di proprietà, vadano comunicate a entrambi gli enti, non c’è verso di integrare i due archivi. Risultato, come sa bene chi possiede un’auto: doppioni di documenti, dei costi di gestione e (immancabili) degli oneri fiscali. Una follia. Eppure qualunque riforma pare impossibile. Ci hanno provato, quando erano ministri, Giulio Tremonti, Antonio Di Pietro e Pier Luigi Bersani, ma ogni vola politica ha levato gli scudi per interessi di bottega.
L’ultimo tentativo è andato in scena qualche settimana fa, in commissione Trasporti al Senato, durante la discussione del decreto Semplificazione, che prevede una serie di misure per snellire le procedure del Pra. Partito democratico, Lega e Movimento 5 Stelle volevano sollecitare il governo a una revisione più generale, ma hanno trovato la strenua opposizione del Pdl, che negli ultimi anni – come hanno mostrato numerose nomine – ha considerato l’Aci il proprio cortile di casa. “La duplicazione dei registri automobilistici è un falso problema”, ha tagliato corto il relatore, l’ex An Francesco Aracri. Più esplicito il  presidente della commissione,  Altero Matteoli: “Se censurassimo l’attuale sistema, si precostituirebbero le condizioni per sottrarre all’Aci le sue attuali competenze e si creerebbe un serio problema occupazionale”.
Difficile dar torto dell’ex ministro. Con le sue 106 sedi provinciali il Pra dà lavoro in tutta Italia all’incirca a 2,500 persone per le quali, secondo le stime, si spendono quasi 130 milioni di euro (…) . Una cifra cui vanno aggiunti quasi 40 milioni per la gestione del sistema informativo. Non solo i conti sono in rosso (meno 23 milioni nel 2012). In proporzione, i costi risultano assai maggiori rispetto a quelli Motorizzazione, che di sedi ne ha 104, ma spende quasi la metà per un archivio informativo molto più complesso e che peraltro tratta il triplo delle pratiche. Non bastasse la sostanziale duplicazione, al netto delle spese di gestione la beffa è soprattutto  per gli automobilisti, che per ogni operazione si trovano a pagare due volte le imposte. Quella di bollo, ad esempio, nel 2012 ha fruttato 287 milioni tramite il Pra e 133 milioni con la Motorizzazione.
Quello delle pratiche auto è un giro d’affari da 2 miliardi in cui, fra imposta di trascrizione (che nel 2012 ha portato nelle casse delle province 1,4 miliardi), marche per l’autentica della compravendita (80 milioni), stampa delle targhe affidate al Poligrafico (68 milioni), diritti postali sui versamenti (30 milioni) e via dicendo, a guadagnarci è sempre lo Stato.
E il salasso non è finito. Per compensare la riscossione gratuita dell’Imposta di trascrizione, prima forma di “retribuzione” dalla parte delle province, a marzo un decreto del governo Monti ha aumentato del 30 per cento le tariffe del Pra, ferme da un ventennio: grosso modo 30 milioni di euro, cui vanno aggiunti altri 45 milioni derivanti dal rialzo dell’imposta di bollo stabilito a giugno.

Paolo Fantauzzi – Venerdì di Repubblica – 12 dicembre 2013

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