Grillo Non Ci Ha
Salvato Dai Forconi
La protesta credeva di
aver trovato uno sbocco nel voto al Movimento 5 Stelle.
Che però ha tradito le
attese rivelandosi incapace di tradurre i suoi slogan in iniziative politiche.
E così sono arrivate le manifestazioni di piassa. Ma il Pd non ha da consolarsi
La protesta è arrivata. Anni di riduzione dei redditi, di
limatura dei patrimoni, di disoccupazione e inoccupazione hanno eroso la pace
sociale. La pace politica era tramontata nel febbraio di quest’anno con il voto
al Movimento 5 Stelle. In quella occasione la rabbia nei confronti di una
politica imbelle e di politici forchettoni era stata raccolta da Beppe Grillo.
Grazie a lui e al suo movimento la protesta si è incanalata, volente o nolente,
in un alveo istituzionale. Va ancora una volta riconosciuto, come già venne
fatto come già venne fatto in queste pagine ben prima che lo sostenesse lo stesso
Grillo, che il voto al MS5 ha offerto una valvola di sfogo pacifica agli
arrabbiati. Solo che, dopo il voto, è venuto il nulla. L’attività parlamentare
dei grillini è stata, ed è, incommensurabilmente inferiore alle attese. L’unica
iniziativa di spessore, l’abolizione del reato di clandestinità , che per una
volta aveva raccolto il consenso del Pd e di altri partiti, venne subito
sconfessata dai dioscuri genovesi. Per il resto, si segnalano solo strepiti e
radicalismi.
La Mancanza di uno straccio di risultato
indebolisce l’appeal del M5S nei confronti delle frange più esasperate e
anti-sistemiche. Se anche Grillo viene ricoperto di “vaffa” non ci sono più
argini. E infatti, esaurita la carta pubblica, consumata la speranza (e
l’illusione) che nuovi e puliti rappresentanti portassero la rivoluzione in
Parlamento, non rimane che la Piazza: In questi ultimi giorni la protesta è
esolosa come un classico movimento sociale, privo di una vera leadership e di
interpreti autorizzati, magmatico e confuso, ribellistico e barricadiero. Si
presente allo embrionale, ancora limitato a pochi partecipanti. Può esaurirsi
in pochi giorni con qualche altra fiammata o può ingrossarsi fino a coinvolgere
altre categorie sociali. Finchè il sindacato rimane alla finestra e la sua base
non dà segni di irrequietezza è probabile che la protesta si esaurisca e i
forconi rientrino a casa. Tutt’altro scenario nel caso in cui si incrinasse la
pace sindacale. Ma è un’ipotesi remota perché chi protesta oggi lo fa proprio
perché non ha rappresentanza.
Sono padroncini e partite Iva, commercianti e artigiani.
Mentre rimangono ancora di riserva quei lavoratori un tempo definiti atipici e
oggi più semplicemente – e drasticamente – precari. Il sindacato non è riuscito
negli ultimi anni a dare voce alle categorie del lavoro precario. Lo
smantellamento del lavoro salariato, avviato “scientemente” dai neoliberisti e
sostanzialmente accettato per pura dabbenaggine anche dalla sinistra, non solo
ha rinsecchito l’area dei dipendenti a tempo indeterminato ma ha creato mille
figure professionali diverse, spezzando così ogni ipotesi di solidarietà
collettiva e ogni capacità di rappresentanza. E ora i sindacati hanno perso i
contatti con i segmenti più periferici e più e marginali della società da un
lato, e con quell’enorme serbatoio di lavoro parcellizzato, temporaneo e
precario dall’altro. Questa apnea sindacale rispetto al mondo che c’è fuori
dalle residue fabbriche rende possibile il montare di un movimento sociale anti
istituzione. Qualunque sia l’esito della mobilitazione dei forconi, è evidente
che la protesta ha abbandonato la via dell’espressione politica e si è
trasferita nelle piazze.
Ma Se Grillo ha sostanzialmente fallito e
Berlusconi è patetico a pensare di potere cavalcare questo movimento, spetta
alla nuova leadership del Pd e al governo deberlusconizzato trovare una strada
per rispondere alla mobilitazione di questa massa indistinta di spaesati della
crisi. Perché quando una società entra in tensione lo stato di stress che ne
deriva da qualche parte “deve” trovare sbocco. E per quanto Pd e governo
parlino da tempo della priorità del lavoro non è ancora stato presentato quel
progetto che possa riaccendere la speranza. Il balletto indecente dell’Imu, le timidezza sulla
detassazione e sul cuneo fiscale, la non-riforma del mercato del lavoro
impediscono a questa maggioranza di offrirsi come interpreti del malessere. Con
il rischio che i meno garantiti non guardino più ai partiti di sinistra ma alle
formazioni, oggi dal grillismo.
Piero Ignazi – L’Espresso – 26 dicembre 2013
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