In piazza va in scena
l’allegro martirio del Cavaliere decaduto
“Portiereeeee!!!” urla
Stefania Prestigiacomo cercando di attirare
L’attenzione di
qualcuno che liberi lei e il plotone di deputate, deputati
Ed ex ministri
berlusconiani accalcati sul cancello del retro di Palazzo
Grazioli, dalla agorafobica
e umiliante sensazione di non
poter più accedere a corte.
Carfagna, Polverini, Gelmini, Ravetto, Calabria, Brambilla,
Vito, Rotondi, aspettano e sperano nell’usciere amico che li liberi da qualche
telecamera e dal militante orgogliosamente
fascista che li bracca. “Tirate fuori le palle e restate in piazza come
faccio io, così vinceremo pure ‘sta battaglia, col Duce al braccio! Ve siete
alleati col Partito democratico, avete fatto la peggio cosa per l’Italia, questi so’ i risultati e mò non dovete
piàgne, perché siamo di destra! Col duce al braccio!” E più Rotondi
abbozza un sorriso (“di destra non sono
mai stato, ma se serve…” sussurra imbarazzato e intimorito), più l’uomo si
incazza e scopre il profilo del Duce tatuato.
Prima di loro, erano entrati senza difficoltà Verdini e una
dimessissima Santanchè in jeans e scarpe da ginnastica, unico vero segnale del
dramma politico in corso. Dramma del quale, in questa improbabile edizione invernale
dell’imbarazzante guerra civile evocata e portata da Berlusconi su questo
stesso marciapiede un giorno di agosto, non v’è in realtà sentore.
Il ventennio scorre implacabile sul maxi schermo a lato del
pulpito. Barzellette raccontate alle scolaresche, il GB di Genova, amici,
nemici e presunti tali, quel che ci è successo per venti anni è stato tutto
merito suo o comunque gestito in qualche modo da lui. Chi sventola le bandiere
distribuite per la via non sembra particolarmente triste. Come non lo sembra
Berlusconi quando inizia a parlare o quando prova ad emozionarsi senza riuscire
come aveva previsto.
Chi indossa il Kit del decaduto, comprensivo di lutto al
braccio e palette da talent inneggianti al colpo di stato, sembra badare più al
souvenir che al messaggio. I più giovani saltano perché non sono comunisti,
come richiesto dal coro più anacronistico e longevo che da queste parti ci sia,
e quando il generale tranquillizza tutti citando Matteo Renzi e Beppe Grillo
come esempi di veri leader extra-parlamentari come lui, il buon umore è tale
che nessuno si preoccupa più del voto in corso al Senato.
Perché il Senato, in fondo non conta, e l’unico leader più
forte di Berlusconi senatore è Berlusconi martire. Lo sa il suo popolo, lo sa
lo schieramento avverso. Per decadere davvero ci vorrà altro.
Diego Bianchi – Venerdì di Repubblica– 6 dicembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento