Come Si Impara
L’Educazione Sentimentale?
Dalla notte dei tempi
sono stati i miti a insegnare i sentimenti. Oggi può essere la letteratura, se
la scuola si fa carico davvero del più delicato dei suoi compiti
Sono un insegnante di educazione fisica nella scuola
superiore. Lei, negli anni passati, parlando di educazione e del compito degli
insegnanti, ha fatto riferimento all’importanza per i docenti, di occuparsi
della educazione affettiva e sentimentale, argomento trascuratissimo nelle
scuole in quella delicata fase della vita dell’uomo che è l’adolescenza.
Sinceramente non ho capito come attuare questa benedetta
educazione affettiva e sentimentale e, se le fosse possibile, vorrei da le
indicazioni e suggerimenti in merito (argomenti da trattare, libri da leggere
ecc.)
Vito Turco
Un giorno il filosofo
Miguel Benasayag, insie,e allo psichiatra Gérard Schmit, aprì a Parigi uno
sportello per ascoltare i giovani che accusavano un disagio, un disadattamento,
una demotivazione, una sofferenza, e si sorprese nel constatare che alla sua
domanda: “Che cosa ti fa soffrire?” i giovani non sapevano dare una risposta.
Si persuase allora che oggi la sofferenza dei giovani non è solo “psicologica”,
ma anche e soprattutto “culturale”. I giovani non sanno che cosa “sentono” né
quando sono felici, né quando sono angosciati. Non conoscono i nomi che
caratterizzano i sentimenti che provano. E come fanno a difendersi o a mettere
in atto strategie di compensazione se non sanno neppure di che cosa soffrono?
Su questa sua esperienza Benasayag scrisse un libro che le consiglio di
leggere: L’epoca delle passioni tristi (Feltrinelli).
Ma dove si imparano i
sentimenti? Certamente nei primi anni, in forma appena abbozzata, in famiglia,
ma soprattutto a scuola, attraverso quella maturazione che conduce dall’impulso
all’emozione e dall’emozione al sentimento. Questo percorso si chiama
“educazione” e si distingue dall’”istruzione” che è una volta, diciamolo
subito, riesce solo se i maestri, e i professori sono capaci di aprire agli
studenti le porte del cuore, come ciascuno di noi ha potuto verificare quando
studiava con piacere e passione preferibilmente le materie impartite da
insegnamenti capaci di accedere alla sfera emotiva dei loro studenti. Del resto
già Platone avvertiva, che si apprende sostanzialmente per via “erotica”.
Ma vediamolo, il
percorso che dall’impulso conduce all’emozione e da ultimo al sentimento.
L’impulso è la più primitiva delle cariche emotive e ha come linguaggio il
gesto. Gli episodi di bullismo sono l’esempio classico di ragazzi la cui
maturazione emotiva si è fermata a questo stadio. Punirli, sospenderli dalla
scuola non serve a niente, perché non sono in grado di distinguere con
chiarezza cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è ingiusto. Questi
ragazzi vanno “educati” cioè condotti (e-ducere) dall’impulso all’emozione, che
è la risonanza emotiva che una mia parola, un mio gesto produce in me, in modo
che, grazie a essa, io possa avvertire la differenza che a livello impulsivo
non colgo.
Kant diceva che la
differenza tra bene e male possiamo anche evitare di definirla, perché ciascuno
la “sente” naturalmente da sé. Oggi non è più così, se è vero che alcuni
ragazzi non distinguono tra corteggiare una ragazza o aggredirla sessualmente,
tra parlar male di un professore o prenderlo a calci, tra non amare lo
straniero o bruciarlo mentre dorme su una panchina.
Dall’emozione si passa
al sentimento che non è un dato “naturale” ma “culturale”. I sentimenti si
imparano attraverso modelli, storie, narrazioni. I miti greci, per esempio,
descrivevano con Zeus il potere, con Atena l’intelligenza, con Apollo la
bellezza, con Afrodite la sensualità, con Ares l’aggressività, con Dioniso la
follia. Attraverso i miti si prendeva contatto con la dimensione sentimentale
che guida la condotta degli uomini.
Oggi non possiamo più
tornare si miti, ma abbiamo il serbatoio di conoscenza dei sentimenti umani
rappresentato dalla letteratura, frequentando la quale, si impara che cos’è il
dolore, la gioia, l’entusiasmo, la noia, la compassione, la disperazione, in
tutte le forme e le articolazioni in cui questi sentimenti si declinano. Oggi
le nostre scuole, per adeguarsi alla cultura tecnologica, tendono a
marginalizzare la letteratura, per cui avremo sempre di più tecnici senz’anima,
ma soprattutto uomini che conducono la propria vita senza la più pallida idea
di sé e dei sentimenti che li abitano.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 31-08-13
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