Se al congresso del Pd
non avere un programma
È un vantaggio
Il congresso più
importante nella storia del Pd si sta svolgendo in una serena e assoluta
indifferenza per i contenuti. Finora si è discusso soltanto di regole interne.
Nessuno conosce il programma dei candidati, che in qualche caso non esiste, in altri sì, ma non conta
nulla. Suona molto interessante il programma di Gianni Cuperlo, l’unico con una
visione chiara del ruolo della sinistra nell’Italia del dopo Berlusconi e
nell’Europa della crisi permanente.
Ma a nessuno interessa perché il buon Cuperlo, a torto o a
ragione, è visto soltanto come candidato di D’Alema e del vecchio apparato che
tutti vedremmo volentieri andare a casa. Sono affascinanti alcune idee di Pippo
Civati, il più innovativo dei candidati, ma destinate a rimanere ai margini
dello scontro. Non esiste o quasi stavolta il programma economico del sicuro
vincitore, Matteo Renzi, il quale si è affidato al guru Yoram Gutgreld per
redigere un lungo elenco di luoghi comuni vagamente blairiani, temperati da una
più compassionevole visione della povertà. E il non avere un programma
costitituisce, s’intende, una fortuna e un vantaggio per Renzi, che l’altra
volta aveva pagato a caro prezzo lo scontro con la Cgil voluto dal professor
Ichino. In questo modo il sindaco di Firenze, potrà concentrare tutta la
campagna delle primarie sui temi della rottamazione, dei tagli dei costi della
politca e ai privilegi della casta. Tutte cose sulle quali siamo d’accordo –
non vediamo ‘ora – ma che non sfiorino i problemi reali del Paese.
La questione è che per il Pd le case da fare, le scelte da
compiere, sono ormai l’ultima delle preoccupazioni. Lo scontro nel partito si
riduce a Renzi che li vuole rottamare, con l’appoggio furbo di molti rottami, e
gli altri che parlano soltanto di stabilità. Stabilità che si può tradurre
così: possibilità di sopravvivere come ceto politico, dopo un ventennio
fallimentare, rimanendo al governo con Berlusconi, ieri, oggi e anche domani.
Per fare che cosa? Niente. Con Berlusconi alleato, che cosa volete fare?
Niente, appunto. Però rimanendo stabili, sulla poltrona. Facendosi dettare
l’agenda da Berlusconi ogni giorno, l’Imu, l’Iva. Tanto il pd non ne ha una.
Non l’aveva nell’ultima campagna elettorale, che infatti Bersani ha perduto.
E il problema non sono le correnti, si badi bene. Le correnti
c’erano anche nel Pci, ma fondate sulle idee. Si capiva che cosa voleva Ingrao,
che cosa facce, Amendola e qual’era la differenza. Qui le correnti sono facce,
le vecchie. Chi viole Letta premier, chi preferisce Renzi. Perché? Per fare
cosa? Chissà.
Curzio Maltese – Venerdì di Repubblica – 9 Ottobre 2013
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