Con paradosso solo
apparente, l’altra faccia dell’inquietudine
adolescenziale è nientedimeno che la noia
Da sempre l’adolescenza è sinonimo di inquietudine, di
irrequietezza, di insofferenza, di smania di crescere, anche a costo di
bruciare le tappe. L’aspirazione a diventare in fretta (o meglio, ad essere
riconosciuti come) adulti, la voglia di sperimentare emozioni forti di
avventure sempre nuove, il desiderio di trasgressione sollecitano i più giovani
a vivere ad alta velocità, ad ubriacarsi di esperienze e sensazioni,
spesso senza darsi nemmeno il tempo di digerirle e metabolizzarle, quasi come
se fossero incapaci di assaporarle e distinguerne il gusto - talvolta dolce e
zuccherino, talaltra deciso e stuzzicante – e preferissero, piuttosto,
centrifugare tutto in un grande frullatore e ingurgitare la vita in un sol sorso.
Perennemente inebriati dalla ricerca di un divertimento a tutti i costi, ubriachi di emozioni
intense ma fragili e passeggere, gli adolescenti del terzo millennio, spesso
imitando i loro amici più grandi, passano senza soluzione di continuità
dall’aperitivo pre-serata consumano stancamente in qualche bar alla moda, alla
serata in discoteca vissuta all’insegna dell’ipnosi di gruppo e dello sballo,
all’irriducibile cicchetto post-serata, estremo tentativo di prolungare ancora
per qualche momento la messa in scena dell’effimero, destinata a ripetersi
sempre uguale a se stessa, secondo un copione già scritto e rivissuto decine e
decine di volte.
Nessuno stupore, dunque, se l’altra faccia dell’inquietudine adolescenziale è
nientedimeno che la noia. Più che
irrequiete e trasgressive, le giovani generazioni appaiono spesso annoiate,
apatiche, intorpidite, prive di spirito di iniziativa, incapaci persino di
divertirsi veramente, di godere di una convivialità genuinamente appagante, di gustare appieno la vita, con i suoi
tanti differenti sapori.
Eppure, sotto questa maschera di indifferenza e di abulia,
spesso si nasconde un’indicibile sete di senso di autenticità, il desiderio
ineffabile di qualcosa di più, che
vada oltre la consueta ed indolente tarantella delle serate in discoteca, della
ricerca di un piacere tenacemente rincorso ed agognato, ma mai assaporato fino
in fondo. E allora tocca agli adulti, facendo tesoro della loro stessa
esperienza, incoraggiare i più giovani a coltivare una disponibilità al pieno
godimento della vita; insegnare loro, con l’esempio prima ancora che con gli
ammonimenti, a gustare ogni singolo sorso, a centellinarne il nettare, anziché
trangugiarlo con foga e assuefazione.
Solo allora gli adolescenti e le adolescenti riusciranno ad
approdare ad una genuina accettazione degli alti e bassi della vita,
inevitabili ma talvolta utili e formativi, affinchè – come cantava Caparezza in
uno dei suoi brani più famosi – possano trovare una via di uscita dal “tunnel” angusto ed avvilente di un
divertimento a oltranza e imparare a far tesoro di tutti i momenti della vita,
“tristi e divertenti”, anziché
rassegnarsi a vivere “di momenti
tristemente divertenti”.
Alessandra Mastrodonato – Bollettino Salesiano- Ottobre 2013
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