La Verità? E’ Come Il Dente Del
Giudizio
In un recente dibattito Scalfari si è
avventurato senza imbarazzo in una trattazione cristologica. Affrontando tre
nodi tra i più scottanti per il cristiano e per il non credente. Qui dico come
la penso sul primo punto
Spero che i
lettori, appena capiranno di quale tema vorrei parlare, non abbiano a girare
subito la pagina. Il mio discorso, infatti, non morderà l’attualità e quindi si
terrà lontano dalla misera e fin pagliaccesca vicenda di una certa politica
italiana ma anche dalla drammatica e fin sanguinante situazione di quei giovani
che mi inviano ogni giorno almeno un paio di curriculum come una sorta di SOS
in bottiglia nel mare della crisi. No, parlerò di metafisica (sic!) e di
teologia. E lo farò sulla Base di una sorpresa che ho avuto nei giorni scorsi.
Partirò da
un fatto avvenuto a Roma una settimana fa e già sufficientemente segnalato dai
giornali. In capo a un “Cortile dei giornalisti”, cioè a uno spazio di dialogo
tra direttori dei maggiori quotidiani italiani, credenti e non credenti, si era
posto un confronto – come è stato detto ironicamente – tra due cardinali,
quello ecclesiastico che sarei io e il “laico” Scalfari. Il moderatore aveva
dato protocollarmente la parola per primo a me. E io, arrancando nel mare mosso
della turbolenza comunicazione contemporanea, avevo cercato di disegnare
“laicamente” una mappa nautica, credendo di offrire un assist adatto al mio senti.
Il fondatore di “Repubblica”interlocutore.
Fu Proprio Qui che scattò la sorpresa mia e della
folla di giornalisti presenti. Il fondatore di “Repubblica”, invece, si
avventurò subito senza imbarazzo in una trattazione cristologica, non esitando
a prendere in mano tre nodi tra i più scottanti sia per il cristiano sia per un
non credente: la verità, l’amore e la morte del Crocefisso. Conoscevo la
finezza intellettuale razionale di Scalfari ma ciò che mi stupiva in quel
momento era la sua empatia nei confronti di Gesù di Nazaret, della sua parola e
della sua vita, giungendo fino al punto di adottare nei suoi confronti un verbo
che io stesso – che pure da quasi mezzo secolo sono sacerdote cattolico – non
uso facilmente: “innamorarsi” di Cristo.
Non voglio,
certo, ora pienamente raccogliere questa sorta di provocazione di un non
credente, che pure leggo e conosco da anni, capace di spiazzarmi collocandosi
proprio nell’ambito della mia materia. Desidero solo sostare in modo
vergognosamente semplificato sul primo dei tre nodi, quello della verità. Tutti
hanno citato sbrigativamente – nella lettera indirizzata allo stesso Scalfari –
l’esagesi critica di Papa Francesco sull’aggettivo ab-solutum, l’”assoluto”
della verità, quasi che egli vi sostituisse l’aggettivo “relativo” con quel che
consegue e che è facile immaginare,
soprattutto a livello etico. E cioè: la verità come dato soggettivo, ragnatela
pur mirabile tessuta da ciascuno secernendola da se stessi. No, Papa Francesco
in realtà (e lo ha spiegato) voleva sostituire ad “assoluto” l’aggettivo
“relazionale”.
La Verità sta, è in sé, ci precede e ci
eccede. Ma non è come una fredda pietra preziosa o una stella aliena. Essa è
destinata a me, è per me e dev’essere corteggiata e conquistata dalla mia
coscienza perché inizi a vivere, a pulsare, a operare in me. Per questo
dev’essere cercata con passione da ogni uomo e donna fuori da se stessi, nella
sua eternità e bellezza, per essere riportata nell’esistenza personale. E’
proprio in questa linea che Cristo si presenta come verità a cui aderire, con
una scelta della mente e del cuore così che “la verità vi farà liberi”, come
egli afferma nel Vangelo di Giovanni. Certo, si può anche scambiare talora per
v
Rità un suo
fantasma; ma se la ricerca è stata sincera e autentica, varrà il principio
della coscienza “in buona fede”.
Oggettività
e soggettività della verità s’incrociano e non si escludono. E allora,
nonostante la scettica domanda di Pilato: “Che cos’è la verità?”, aveva ragione
Emily Dickinson quando scriveva: “I narcotici non possono placare il dente che
rode l’anima”. E questa sorta di “dente del giudizio” dell’anima è appunto la
verità.
Gianfranco
Ravasi – L’Espresso - 10 Ottobre 2013
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