Ti aggiri per il supermercato, afferri
un prodotto, lo scruti prima di decidere se infilarlo, o no nel carrello. Nella
testa, ti ronzano migliaia d’informazioni, quelle che ti ha dato l’amica “che
sa sempre tutto” o che hai letto in rete. Ma sei sicura che siano tutte
provate?
Dario Bressasinini, ricercatore al dipartimento di Scienza e
alta tecnologia dell’Università dell’Insubria, ne ha analizzate un po’ e le ha
raccolte nel suo libro Le bugie nel
carrello. Un testo che smonta, apportando dati scientificamente provati,
parte di quello che sappiamo sul tema alimentazione.
Per esempio, spiega che la sindrome del ristorante cinese,
quel mal di testa attribuito al glutammato di sodio aggiunto ai piatti
orientali, non esiste. O che il Kamut, ipernutriente e costoso cereale, non ha
origine dall’antico Egitto, ma è un marchio registrato americano. Ci dice,
insomma, che nel campo della nutrizione girano moltissime bufale, da svelare
per fare scelte più consapevoli. Vediamole.
Per sfatare 5 luoghi
comuni
Studi scientifici alla mano, un chimico universitario ti apre
gli occhi su alcune false credenze. Eccole
I Vini Più Costosi Non Sono Più Buoni
Più è caro, più è di
classe: lo pensiamo tutti. Ma in un esperimento scientifico pubblicato sulla rivista americana
Journal of Wine Economics, da più di 6 mila degustazioni è emerso che quando
gli assaggiatori sono ignari del prezzo giudicano migliore il vino mediamente
meno costoso. “Un gruppo di scienziati californiani ha fatto lo stesso
esperimento, mostrando il prezzo”, racconta Dario Bressanini. Lo studio ha
dimostrato che quando assaggiamo due vini, uno molto più caro dell’altro, i
nostri organi di senso percepiscono i sapori nello stesso modo, ma l’area del
piacere, situata nella corteccia cerebrale, si attiva meglio nel momento in cui
beviamo il più caro. In sostanza, il prezzo migliora l’esperienza sensoriale.
Altri esperimenti sulle annate e sulle riserve hanno svelato che solo gli
esperti riescono ad identificare una bottiglia pregiata.
Il consiglio: prova vini diversi e affidati al
tuo gusto. Ma non aspettarti di apprezzare di più un vino costoso, a meno che
tu non sia un sommelier. Non scendere però sotto i 4euro perché non è possibile
che un prodotto di qualità costi così poco.
Il Kamut Non
E’ Il Grano Degli Antichi Egizi
L’Italia è il Paese che
consuma più Kamut al mondo. Ma sappiamo davvero di cosa ci tratta? “Tra le leggende che circolano
intorno a questo cereale, la più curiosa è quella sulle sue origini”, commenta
Bressanini. “Il Kamut è un tipo di grano, con chicchi grandi il doppio rispetto
al frumenti. Non è nato nell’antico Egitto, come molti credono, ma è una
varietà orientale, il Triticum turgidum, che è stata registrata e battezzata
Kamut da un’azienda negli Stati Uniti. Viene utilizzato come ingrediente della
pasta e dei prodotti da forno (grissini, fette biscottate, gallette). “Dal
punto di vi
Sta nutrizionale”, aggiunge Dario Bressanini, “ha un
contenuto di proteine, cioè di glutine, più alto rispetto al frumento (14,7 g.
all’etto; il grano tenero ne ha 10,7 g. il grano duro 11,3 g.), quindi non è
adatto a chi soffre di celiachia né di altre sensibilità al glutine.
Il consiglio: se ti piace il sapore del Kamut,
compralo. Ma sappi che quello del gusto è l’unico dato che ne giustifica il
sovrapprezzo (costa 4 volte il grano).
Le Uova Allevate all’Aperto
Non Sono Più Nutrienti
La carta d’identità
dell’uovo, un lungo
numero stampato sul guscio, racconta molto del prodotto. La prima cifra dice
come sono state allevate le galline. 0:
significa alimentate con mangime biologico in uno spazio aperto di 4 mq; 1: allevate all’aperto, in uno spazio
minimo di 2,5 mq; 2: allevate a
terra, in capannoni (non più di 9 galline per metro quadrato); 3: gli animali sono in gabbia in 0,75
mq (poco più di un foglio A4). Il tipo di allevamento influenza la qualità
dell’uovo? L’Università di Bologna ha fatto un test e ha trovato lievi
differenze. Le uova delle galline allevate in gabbia hanno più albume e meno
tuorlo e il guscio è meno resistente. Dal punto di vista nutrizionale
(proteine, colesterolo, grassi) non si sono grandi variazioni.
Il consiglio: scegli le uova bio o da galline
allevate all’aperto (numero 1) se devi preparare la pasta fatta in casa e la
vuoi di un bel giallo vivace.
Il Biodinamico Non Vale Più Del Bio
L’agricoltura biologia
è metodo di coltivazione ispirato al
filosofo svizzero Rudolf Steiner; segue le regole di produzione del biologico ed è certificato
come tale, ma tiene conto degli influssi astrali e prevede l’uso di preparati
che stimolano la terra. Per esempio il corno letame, letame posto in un corno
di vacca lasciato sotto terra per tutto l’inverno e poi dinamizzato, ovvero
agitato da 40 a 100 volte; oppure i preparati da cumulo, fiori e piante
fermentati in una vescica di cerco. “Una ricerca pubblicata su una rivista
americana di agricoltura non ha rilevato differenze tra il suolo fertilizzato
con i preparati biodngton State Univinamici e quello trattato in modo
biologico. Quanto ai prodotti, all’Istituto di agroecologia della Washington University per tre anni hanno
confrontato uve biologiche e uve biodinamiche per concludere che non ci sono
distinzioni chimiche di rilievo; lo stesso studio ha analizzato le caratteristiche
sensoriali (gusto, profumo) di vini biologici e biodinamici, senza rivelare
differenze.
Il consiglio: visto che nessun dato fa pensare che
il biodinamico sia meglio, etichetta gli ingredienti e affidati al tuo naso e
al tuo palato. E occhio al prezzo!
Il Glutammato Di Sodio
Non Fa Male
E’ una delle sostanze
che suscitano più sospetti, responsabile, si dice, della cosiddetta sindrome del ristorante cinese,
il mal di testa legato al consumo di cibi orientali. Un effetto che la scienza,
dopo aver passato in rassegna tutti gli articoli pubblicati sul tema, non ha
confermato, ma la differenza nei confronti di questa sostanza resta. “Il
glutammato è un sale dell’acido glutammico, aminoacido prodotto dalla
degradazione delle proteine presente in tantissimi cibi, come pomodori, alghe,
parmigiano”, spiega Dario Bassanini. Gli orientali lo usano da secoli come
esaltatore di sapore; ha funzione simile al sale, e come quest’ultimo va
evitato a grandi dosi, ma non ci sono studi che ne evidenzino l’effetto
negativo delle normali quantità sulla salute.
Il consiglio: come il sale, il glutammato va usato
a piccole dosi se hai la pressione alta. Per evitarlo, controlla l’etichetta:
estratto di lievito e proteine idrolizzate, a volte presenti nei dadi o in
preparati simili, sono in realtà glutammato.
Puoi parlare con Dario Bressanini su twitter: https://twitter.cpm/DarioBressanini
Enrica Belloni – Starbene – Ottobre 2013
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