Illusorio Pensare A Una
Nuova Destra
Forse un po’
frettolosamente, il
presidente del Consiglio, Enrico Letta, e il segretario del Pd, Guglielmo
Epifani, hanno dichiarato chiusa la stagione berlusconiana, esprimendo
probabilmente più un wishful thinking che non il risultato di una ponderata
riflessione. Che Berlusconi abbia ricevuto una serie di colpi dai quali
difficilmente potrà riprendersi non vi è dubbio. Nulla sarà come prima. Ma come
sarà è difficile dirlo.
Le ragioni del successo di Berlusconi in questi due decenni
sono ancora tutte lì e non possono essere ridotte alla presenza di una
sub-cultura di sub-elettori. Se l’attenzione dei media è concentrata sul
conflitto interno tra falchi e colombe, lealisti e governativi, per capire chi
sta dove, come, con chi, nella società italiana rimane inevasa una domanda di
rinnovamento, di rispetto per i sogni, magari
troppo prosaici per l’intellighenzia progressista, di una classe media
produttiva che non vuole sprofondare nella povertà e nemmeno essere considerata
alla stregua di una massa di evasori fiscali che ha in odio lo Stato. Questi
elettori ora oscillano tra Grillo, l’astensione e Berlusconi, sì, ancora
Berlusconi, anche se azzoppato.
Questi elettori sono delusi e arrabbiati e in questo momento
non stanno pensando di mettersi in giacca e cravatta per diventare la linfa di
un grande e rispettabile partito conservatore de-berlusconizzato, della cui
esistenza, senza molto senso della realtà, cominciano a vagheggiare politici e
osservatori. Questi elettori stanno ancora aspettando la rivoluzione che
Berlusconi promise ormai vent’anni fa e mai realizzò e se tra di loro c’è chi
ancora gli dà fiducia, o mentendo a se stesso non gliela ritira, è perché non
gli è stata ancora presentata alcuna credibile alternativa, di destra o di
sinistra.
Ma pensare che oggi sia finalmente un altro giorno e si possa
immaginare in tempi brevi una destra italiana diversa è illusorio anche per
latri motivi, che stanno dalla parte dell’offerta politica. Innanzitutto,
dentro al Pdl, anche se si è manifestata la resistenza all’opzione del tutti a
casa voluta ad un certo punto dal leader, nessuno ha apertamente messo in
discussione il leader stesso: in questa fase che potremmo definire di
organizzazione carismatica degenerata, le lotte rimangono tra sub-leader e
gruppi. Berlusconi cerca di ribadire la sua forza legittimando il segretario da
lui scelto e il segretario, nella lotta interna, si legittima anche grazie a
questo.
In secondo luogo, non si vedono attori davvero motivati,
capaci di mettere in moto un processo di reale rinnovamento del partito. Tra i
lealisti e dintorni vi è l’intenzione di mantenere il contatto con
quell’elettorato di cui si diceva, ma senza un reale progetto per il Paese e
nessuna leadership che possa sostituirsi a Berlusconi. Tra i governativi,
l’obiettivo reale appare più che altro quello di garantire il traghettamento di
un pezzo di classe dirigente del Pdl verso un qualche approdo rassicurante,
giocando di sponda con chi dall’altra parte non sembra volersi affrettare a
ripristinare in Italia il gioco della competizione bipolare.
Infine, sarebbe saggio rammentare che i partiti né si
inventano né si cambiano dall’oggi al domani. E soprattutto, che per avviare
certi percorsi ci vogliono donne e uomini con la volontà e la capacità di
costruire per il futuro, dunque un gruppo dirigente all’altezza di un difficile
compito. Dove sono queste donne e uomini nel Pdl? Cosa ci si può aspettare da
chi per anni ha prima di ogni altra cosa obbedito per salvare la propria
posizione, acquisita a sua volta con inchini e giuramenti di fedeltà
(dedicandosi poi, in alcuni casi, alla costruzione del proprio piccolo spazio
di potere?) Da chi ha ostinatamente osannato il carisma come principio unico ed
eterno di funzionamento del partito (e dire che lì dentro qualcuno qualche
onesta lezione sul gollismo avrebbe potuto darla) senza minimamente
preoccuparsi di costruire per il futuro? Questi vent’anni hanno fatto terra
bruciata, una classe dirigente che sia in grado di ridare forma al centrodestra
potrà forse prendere forma da un lento percorso che ricostruisca nuove modalità
di reclutamento, valorizzi risorse oggi disperse e marginali e immagini nuovi
orizzonti.
Se nuovo centrodestra sarà – se nel frattempo l’Italia non
sarà inghiottita da un neo-centrismo buono solo per accompagnarla nel suo
declino – sarà attraversata del deserto. Il resto sono chiacchiere da
interessata politique politicienne.
Sofia Ventura – L’Espresso – 17 Ottobre 2013
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