Etichette

sabato 12 ottobre 2013

Lo Sapevate Che: Gli Occidentali e il Buddisimo....


Cosa Cercano gli occidentali nel Buddismo?

Recita il Sutra del Loto: “Come un amabile loto bianco, il Buddha non è mai macchiato dall’acqua, non è mai macchiato dal mondo”

Nel suo libro sui giovani (L’ospite inquietante) lei scrive: “Non possiamo seguire le vie orientali perché siamo occidentali, e se è delirio di onnipotenza sconfinare con l’ecstasy oltre i limiti del proprio io, non lo è da meno sconfinare in Oriente con l’anima gravida d’Occidente”. Le deve dire che questo è falso perché, praticando il buddhismo del Sutra del Loto, ho sperimentato una gioia del vivere che non credevo possibile.
E tutto questo pur essendo una normale ventinovenne, con i problemi che hanno tutti i giovani: depressione, insicurezza, fidanzato che non s’incontra, lavoro che non arriva, soldi che mancano, lotta quotidiana per diventare una sceneggiatrice.
Il Sutra del Loto racchiude l’insegnamento di Shakyamuni, che afferma che siamo tutti dei Buddha, perfettamente dotati di tutto quello che ci serve (forza, coraggio, compassione, fiducia, saggezza, libertà) per essere felici. Che in ogni essere umano, di qualsiasi età, sesso, religione, razza, ceto sociale, esiste un immenso potenziale chiamato buddhità, che dobbiamo solo imparare a manifestare nella nostra vita.
Questo per dirle che anche se io vivo nello stesso mondo dei ragazzi del suo libro, per me e per molti altri la vita ha un sapore diverso, anche se è una lotta contro quella che il buddhismo definisce “oscurità fondamentale della vita”, che è quella forza distruttiva che tutti conosciamo e che ultimamente i giovani sperimentano, dimenticando di possedere anche quella buddhità, che non ci consente di dire che è tutto inutile, che non ce la faremo, perché ci porta a credere in noi e nella nostra vita.
Spero di essere riuscita a trasmetterle qualcosa di buono e di bello. Con affetto, c’è.
Chiara
ilcagnolinorise@tiscali.it

Siccome la vita è piena di inciampi, delusioni, “sofferenze”, contraddizioni, disperazioni, tutto ciò che aiuta ad alleviare quanto di negativo si incontra e ci affligge, penso che debba essere ben accolto. Che si chiami cristianesimo o buddhismo, che si chiami fede o saggezza, che abbia o non abbia fondamento, che sia vero o solamente probabile o addirittura illusorio, se aiuta a vivere e dà conforto o consolazione, perché rifiutarlo?
Partendo da questa mia profonda convinzione, anche il buddhismo con le sue massime di saggezza ha piena cittadinanza in quello scenario dove si è alla ricerca di qualcosa che possa aiutare a vivere. Se però usciamo da questo scenario e ci chiediamo: davvero noi occidentali che, come Nietzsche ci ha insegnato, siamo la civiltà della volontà di potenza, come tutta la nostra storia da secoli è lì a dimostrare, siamo in grado di accedere a quella cultura orientale, e specificatamente buddhista, che alla volontà preferisce la non volontà (noluntas), e che al Buddha consegna le parole “la mia dottrina sta nel pensare il pensiero del non pensiero, nel parlare il linguaggio del non parlare, nell’esercitare la disciplina dell’indisciplina”, la mia risposta è: non credo.
Credo invece che nell’appropriarsi della saggezza e delle tecniche di meditazione orientale faccia di nuovo la sua comparsa la nostra volontà di potenza, che per i suoi scopi, in questo caso di benessere esistenziale, non esita a impossessarsi di pratiche che magari non comprende nella loro profondità e nel suo autentico significato, ma che in ogni caso le tornano utili- E siccome il vantaggio, l’utilità, sono i tratti tipici della volontà di potenza, non siamo minimamente usciti dalla mentalità occidentale, anche se ci impossessiamo di pratiche orientali.
A questa prima considerazione ne aggiungo un’altra: L’irrilevanza del mondo rispetto alla figura soverchiante dell’eterno, il fatto che “il Buddha lo attraversa senza pensare ad alcuna riforma”, il fatto che insegni a “liberarsi dal mondo”, invece di trasformarlo, non accordando alla storia quello spazio significativo che ha in Occidente, mi fa pensare che  l’adesione degli occidentali al buddhismo nasca dalla sfiducia che la storia ancora custodisca un sentiero di salvezza.
Spenta l’utopia e divenuta ormai improbabile la rivoluzione, leggo nell’adesione al buddhismo una rassegnazione, una sorta di passività, un consegnarsi a quel mondo astorico proprio dell’Oriente che nella storia dell’uomo non ha mai posto alcuna speranza. In questo modo si rinuncia a un miglioramento della condizione umana e del mondo, per una sorta di salvezza personale che non si fa carico d’altro che non sia la propria individuale serenità. Detto ciò, ricambio il suo affetto.

umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 28 Settembre 2013

Nessun commento:

Posta un commento