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venerdì 25 ottobre 2013

Lo Sapevate Che: Le Ridicole Abitudini...


Un Popolo Senza Futuro Che Non Vuole Liberarsi
Delle Sue Ridicole Abitudini

Caro Serra, in una sua Amaca, prendendo spunto dai bracconieri calabresi che oggi come trent’anni fa uccidono i falchi provenienti dall’Africa, lei ha scritto: “Se mi avessero detto – trent’anni fa – che i figli sarebbero stati uguali ai padri, non ci avrei creduto. Ero sicuro, da giovane, che la storia camminasse spedita, che la società era destinata a cambiare e a migliorare quasi per inerzia, per naturale evoluzione. Pareva inevitabile che l’arretratezza italiana, figlia della povertà, della sottomissione, dell’ignoranza, si sarebbe stemperata con il benessere, con la scolarizzazione di massa, con il buon esempio, Non è andata così”
Non sono d’accordo. I cambiamenti ci sono stati, soprattutto nell’uso della violenza. Gli omicidi, che sono notoriamente il principale indicatore di violenza e arretratezza di una società, sono scesi molto negli ultimi anni. Nel 2012 in Italia sono stati 526, il minimo negli ultimi quarant’anni. Dal 1984 al 2012 il tasso di omicidi per centomila abitanti in Italia è passato da 1,8 a 1. In Calabria, che rimane la regione italiana con il tassa più alto, la percentuale di omicidi per centomila abitanti è passato da 5,2 del 1984 a 2,7 del 2012.
Franco Pelella

Caro Pelella, al di là delle cifre che lei riporta, la sua lettera pone un problema notevole e (almeno per me) irrisolto, che provo a riassumere così: come mai, nonostante molti dei parametri che misurano la nostra qualità della vita, il nostro sguardo tende al pessimismo? La durata della vita media, la qualità dell’alimentazione, le condizioni sanitarie hanno fatto enormi passi in avanti dal Dopoguerra a oggi. La città dove ho trascorso quasi tutta la mia vita, Milano, oggi è molto meno inquinata di quando andavo a scuola, nelle mattine d’inverno, immerso in uno smog nerastro. Il verde pubblico è più curato, la metropolitana è pulita e veloce, gli arredi urbani e la manutenzione delle strade non fanno certo rimpiangere passato. Eppure, anche se è difficile calcolarlo in termini “scientifici”, ho la netta impressione che sia decisamente peggiorato l’umore pubblico. Che esistano, cioè, un benessere reale e un benessere percepito, e che quello percepito sia sensibilmente più basso di quanto i numeri e le statistiche dicono.
E’ probabile che questo abbassamento d’umore a fronte di un innalzamento innegabile delle condizioni di vita (incomparabilmente migliori rispetto ai nostri nonni e padri) dipenda da una crisi profonda delle prospettive future: abbiamo smarrito il bandolo, perduta la direzione di marcia, e lo stesso boccone di pane che cinquant’anni fa pareva il primo assaggio di un futuro di prosperità, oggi ha il sapore di una monotona abitudine e di un’invariabile mediocrità. Ci sentiamo, come collettività, in una situazione di stallo, notizie come quelle del perdurante bracconaggio sullo Stretto di Messina mi paiono l’implacabile conferma della permanenza, nella società italiana, di arcaismi greci e insopportabili, come se alcune delle nostre zavorre culturali e tare civili, a dispetto di qualunque statistica incoraggiante, fossero ineliminabili. Certo, oggi (ed è un enorme passo avanti rispetto a ieri) ci sono gli ambientalisti che si battono contro gli sparatori fraudolenti.
Rimane il fatto che nel 2013 ci sono ancora dei maschi italiani disposti a onorare una tradizione così cretina che si stenta a crederci: sono convinti che sparando al falco pecchiaiolo si garantiscono la fedeltà della moglie. Ci sono giorni, caro Pelella, che leggo le statistiche e mi sento sollevato.
In altri giorni riesco solo a vedere, intorno a me, un popolo che, nonostante il benessere, niente vuole sapere e conoscere al di fuori delle sue vecchie abitudini, non si sa se più ridicolo o più tragiche.

Michele Serra – Venerdì di Repubblica 18- Ottobre 2013

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